Come trasformare una domenica solitaria in una giornata interessante.
Ieri pomeriggio sono andata al cinema con amici a vedere il film di Will Smith sulle sorelle Williams (campionesse del tennis), film molto lungo e fatto bene. Mentre lo guardavo un paio di volte ho pensato al “viaggio dell’eroe” del post di giovedì e su quello che accade per rendere la storia interessante, in particolare i problemi che i protagonisti affrontano e che poi riescono, non senza difficoltà, a risolvere e andare avanti. Io sto’ compiendo il mio personale viaggio dell’eroina.
In serata volevo andare a Treviglio a vedere uno spettacolo teatrale, ma hanno chiuso per due mesi il teatro. Ho passato la serata in casa stile ameba riuscendo a guardare le ultime tre puntate di una serie Netflix di fantascienza “La famiglia Robinson” senza avere molta soddisfazione, solo stanchezza e la trama interessante che però si trascinava. Nel pomeriggio avevo anche ricevuto il messaggio di Silvia che mi diceva che domani (domenica) non sarebbe venuta a teatro, uno spettacolo che aveva proposto lei e avevo pure trovato un codice sconto per pagare solo 10€ anziché 18€. Quindi niente teatro oggi e neppure domani. Il problema è che non avevo idea di cosa avrei potuto organizzare con le mie amiche che abitano lontano e sicuramente lo avrei passato da sola. Tra l’altro le mie vicine sono in ferie, un’amica a Treviglio è in quarantena, quindi davvero sola.
Questa notte nel dormiveglia mi sono venute sensazioni di solitudine e alle 5:00 mi sono bevuta un integratore magnesio+potassio che mi ha tirato un po’ su.
Domenica mattina mi sono svegliata molto tardi e sono uscita di casa alle dieci per fare colazione nel paese accanto in un bar carino.
Qui ho guardato se c’erano eventi in giornata, oggi è uscito il sole, anche se fa freddo all’ombra, e non volevo rimanere da sola e in casa. Fare una camminata nei dintorni non mi avrebbe tirato su’ di morale, solo stancata.

Vedo che a Bergamo c’è uno spettacolo teatrale alle 15:30, sul sito sembra costare 19€ in platea. Però cosa faccio fino a quell’ora? Decido di andare a Bergamo in città alta per fare una camminata e poi si vedrà se andare a teatro.
Torno a casa per cambiare le scarpe con degli stivaletti senza tacco, prendo anche la macchina fotografica con l’idea di fare delle belle foto se vedrò qualcosa di interessante. Incredibilmente nella borsa/zaino Desigual ci sta pure la macchina fotografica.

Arrivata in una zona relativamente vicina alle salite per la città alta, dove trovo parcheggio gratis, inizio la camminata. Ricordo dopo pochi metri ,che tranne l’ingresso delle auto, tutte le stradine hanno salite tremende da far invidia ai percorsi di trekking. Parto in forma, ma dopo duecento metri sono già scoppiata e inizio a sudare. Non sono vestita per fare trekking.
Arrivata in cima finalmente mi unisco a un flusso di persone che anche loro si stanno facendo la camminata a Bergamo Alta e inizio a fare qualche fotografia. Sembra un giorno di Luglio, tanto è pieno di turisti e i negozi sono tutti aperti. C’è anche un negozio che vende abiti a 13,90€, tutti a quello stesso prezzo. In vetrina c’è una gonna molto bella, ma non saprei dove tenerla e quando ritornerò più tardi ovviamente sarà stata venduta.

Oltre alla folla, c’è il solito suonatore di chitarra, nemmeno molto bravo, tantissimi ristoranti e negozi di souvenir.
Arrivo alla chiesa, ma c’è la santa messa in corso e non si può entrare, così faccio qualche fotografia dell’esterno e della piazza. Arrivata dall’altro lato della città alta, che è composta da una lunga via piena di saliscendi e termina a entrambi i lati con una porta di ingresso, mi siedo un attimo cercando di smaltire il sudore accumulato.





Guardo alcune foto fatte dal telefono e sono uscite bene. Il piano era di fare una camminata, fare fotografie e mangiare una pizza che sono mesi che non ne mangio una con una mozzarella decente e filosa. Solo che non ho fame, aver fatto colazione alle 10:00 ha contribuito, inoltre quando sei a Bergamo alta, sarebbe meglio mangiare polenta e brasato, oppure i casoncelli (dei tortelloni serviti con burro e salvia che contengono almeno 14 ingredienti).
Rifaccio il percorso opposto, mi fermo da un ristorante pizzeria rinomato (Franco), il cameriere mi risponde in Inglese che c’è posto solo all’esterno, poi ride e si scusa per avermi scambiata per una turista.

Tutti i locali ormai sono pieni all’interno e fuori da abbastanza freddo, così scendo e torno all’auto. Se mi verrà fame cercherò un ristorante/pizzeria nella città ‘bassa’ e magari spenderò anche meno. Una volta giunta al mio veicolo vedo che a 900 metri c’è una pizzeria che fa al caso mio e mi dirigo verso di essa.
Quando sembra che sono arrivata trovo un edificio abbandonato e ci rimango male, guardo sulle mappe e ci sono dei ristoranti molto più avanti. Ormai sono in ballo, tanto vale continuare, poi oggi era una giornata di camminata…(farò 12 chilometri alla fine della giornata). Dopo duecento metri appare la pizzeria che cercavo, si è trasferita. Meno male perché adesso comincio ad avere appetito.
Si chiama “Albergo ‘900 strati” (https://www.900strati.it) ed è molto elegante.

Mi accomodo e dal menù vedo che ci sono le pizze Gourmet. La mia filosofia gastronomica è che se c’è qualcosa di particolare nei menù, di sfizioso, che non ho mai mangiato, non devo lasciarmi sfuggire l’occasione. Ordino una pizza gourmet da 12€ che si chiama “Pizza Tremenda” dal nome dei peperoni impiegati.
Ingredienti: pizza bianca con crema di peperoni tremenda, fior di latte di agerola, salsiccia napoletana a punta di coltello, basilico e olio evo, all’uscita scaglie di parmigiano reggiano.
Arriva e me la godo perché è entra nella mia top5 delle migliori pizze mai mangiate, aver deciso di non infilarmi in un locale in città alta per mangiar qualcosa giusto perché ero lì, ha ripagato.
Terminata la goduria di pizza, pago e la ragazza alla cassa quando rispondo se mi è piaciuta “non era buona, era buonissima” mi ricambia con un sorriso con gli occhi (cavolo di mascherine…). Guardo la mappa e vedo che il teatro è a circa un chilometro, 25 minuti di camminata e mi incammino cercando di digerire la pizza.

Entro e chiedo un posto, ma la platea è esaurita, era quella da 19€. Mi viene detto che sono rimasti pochi posti e mi consiglia un posto in balconata centrale a 34€. E’ più di quello che avrei voluto spendere, ma ormai sono lì e lo prendo. Più tardi scoprirò che era quello prenotato dal sindaco di Bergamo e che aveva appena disdetto, e non so per quale motivo quel posto da 54€ l’ho pagato quasi la metà. In pratica era il miglior posto per vedere lo spettacolo.

Nell’attesa che il teatro apra gli ingressi, faccio due passi a vedere le bancarelle e solo a vedere il cibo mi viene quasi la nausea così torno e mi metto in fila. Una volta entrata trovo una signora che si sta accomodando nel posto che dovrebbe essere il mio, ma non si capisce…sono comunque equivalenti e dalla balconata del secondo piano si vede tutto benissimo. Poco dopo arriveranno due simpatiche signore a occupare i posti dietro con delle sedie più alte. Mi faccio qualche selfie, il teatro è bellissimo, mi dicono che è appena stato restaurato e che laggiù in platea, dove volevo andare, fa molto più caldo (e già qui si crepa) e che hanno rifatto i sedili molto stretti.

In questo momento capisco la cosa del “viaggio dell’eroe” che dopo le vicissitudini torna al suo punto di partenza, ma in una situazione migliore. In passato, quando ero uomo, avevo fatto cose simili a oggi, ma non avrei conosciuto nessuno, né tantomeno mettermi a chiacchierare con delle signore. La nuova me stessa invece ha iniziato a parlare e nell’attesa ci siamo scambiate idee, opinioni, recensioni di spettacoli teatrali. Abbiamo parlato anche nella pausa e io mi sono sentita tranquilla, a mio agio e per nulla sola, come invece succedeva alla mia versione precedente maschile. Essere una donna, in questi casi, aiuta parecchio con la socialità senza secondi fini e ‘sembro’ inoffensiva.
Lo spettacolo? Si intitolava “Ditegli sempre di sì
“, della Compagnia di Teatro di Luca De Filippo con una commedia scritta dal padre. Narrava del fratello che tornava dal manicomio dopo un anno di degenza e che secondo il medico poteva tornare a essere reinserito nella società. La storia è ambientata ai primi anni ’50 e si svolgeva nella casa della sorella e nel secondo tempo in una casa di un ricco amico di famiglia dopo un pranzo di compleanno.
L’idea era di fare vedere che comunque anche le persone “normali” non erano poi così sane, in una scena “il matto” prende uno dei protagonisti e finge di essere un dottore che lo porta nella sua clinica, gli dice, rivolgendosi al pubblico “guarda, quanti pazienti. Di molti non si riusciranno a curare”. Il finale seppur divertente termina con una scena che dà da pensare, soprattutto a come erano le cliniche psichiatriche fino a pochi anni orsono.
In alcuni momenti mi sono scompisciata dalle risate, c’erano dei tempi comici perfetti. Mi ha colpito la scena iniziale, appena aperto il sipario c’erano tutti i protagonisti immobili, alcuni seduti, altri in piedi. Si sono spente le luci e due secondi dopo quando si sono riaccese non c’era più nessuno e non abbiamo nemmeno sentito il rumore di passi.

Terminato lo spettacolo ci siamo ringraziate per la compagnia e che magari ci saremmo viste in futuro, mi era venuta la tentazione di chiedere un telefono alla signora al mio fianco per andare a vedere uno spettacolo insieme (era venuta da sola perché al marito non piace il teatro), ma ho già un sacco di contatti e non credo che andrò al Teatro Donizetti di Bergamo per questa stagione.

Mi sono incamminata in direzione della mia auto, con il navigatore che puntava a un aggeggio che mi ha regalato a natale mia sorella. Si chiama AirTag della Apple ed è un ‘bottone’ che si può mettere nel portachiavi (per trovare le chiavi smarrite) oppure dove si vuole. Lo lascio dentro l’auto e automaticamente il telefono memorizza l’ultima posizione di contatto, quindi dove ho parcheggiato, e mi porta lì.
Viaggio di ritorno a piedi e poi in auto senza storia, per fortuna, ma comunque sempre più stanca e assetata, ma non di acqua, di qualcosa di salato tipo la gatorade. Inoltre ho il mascara colato, dalle risate e poi già che avevo gli occhi da panda, me li sono strofinati in auto.
Quindi oggi non è stata una giornata buttata come mi era sembrato al mattino, anzi fin troppo piena. Sono stata comunque da sola la maggior parte del tempo, ma non mi è pesato.
Dina “Sarei più sola senza la mia solitudine -come scrive Emily Dickinson
”
Brava Bianca! Vulcano di idee. Bacio
Carla “Eh sì certo andare in ufficio era una cosa tanto bella! Ne so qualcosa, la pensione è un orrendo lockdown che non finirà mai. Fai bene a organizzarti altre attività. Il we non è così facile, ma almeno per te finirà e certamente avrai la montagna. Certo sei un po’ lontana .. Ma l’importante è darsi da fare, come facciamo noi. Io vedo intorno a me così tante persone mosce inconcludenti e lamentose. Noi abbiamo l’energia interiore.
”