Oggi ne ho combinata un’altra delle mie “imprese pazzesche”. Ogni tanto riesco a partecipare e fare cose “apparentemente” più grandi di me. Questa escalation a sapere di poter fare tutto è iniziata nel lontano 2001 quando, nel mio lavoro e vita precedente, mi avevano dato da gestire un evento a Montecarlo per il lancio di un prodotto farmaceutico. All’epoca ho dovuto gestire e realizzare quasi tutto il progetto, fare la grafica, i video, trovare i fornitori, organizzare la parte tecnica (sul palco c’era un fondale largo venti metri), fare la regia e gestire venti relatori e quindici tecnici, tra cui il fonico di Vasco Rossi, che come si può immaginare era fuso in tutti i sensi, ma durante l’evento non ha sbagliato nulla. Un evento dal costo di 300.000€ circa. Quindi cosa diamine ho fatto?

Con la mia Associazione Transgenere (ACET) abbiamo organizzato una marcia da svolgersi il giorno della ricorrenza chiamata TDoR (Trans Day of Remembrance), dove vengono ricordate le persone uccise nell’ultimo anno nel modo per transfobia. Solitamente sono delle veglie funebri e vengono letti i nomi da ricordare. Lo scorso anno avevamo cercato di rendere la cosa un evento mediatico ed avevamo tappezzato la piazza della Scala, di fronte al Comune di Milano, di finte lapidi stampate con i nomi e poste delle rose su di esse (Leggi articolo del blog).
Quest’anno durante le riunioni del gruppo volontari, è stata proposta l’idea di fare una marcia, con un forte messaggio politico. Ora abbiamo pure un governo di estrema destra e dobbiamo fare sentire la nostra voce più che mai.
Il mio compito era quello di curare la stampa e consegna dello striscione e dei cartelli con i nomi delle persone uccise in Italia.
Come capita spesso alcune cose sono state rimandate e ne sono state riviste altre. Alla fine non c’era quasi più tempo per riuscire ad avere i materiali stampati per tempo e quindi la grafica dello striscione l’ho completata basandomi sulla bozza fatta da un’altro socio di Acet. Ho impiegato quasi due ore per riuscire a fare l’ordine online e inviare i PDF, i siti non sono più facili da usare rispetto a qualche anno fa e c’era il dubbio: avranno capito che mi servono 15 cartelli con immagini diverse, oppure arriveranno i cartelli tutti uguali. Nel sito che avevo scelto inizialmente era così e hanno perso una cliente.
Inoltre all’ultima riunione io mi sono offerta come tuttofare per aiutare dove possibile durante l’evento, vista la mia esperienza nella gestione di attività complesse.

Pensavo che la mia attività fosse limitata, inoltre non mi ero proposta a fare le letture perché già c’erano dodici persone in lista che volevano farle (tra cui Vladimir Luxuria, che mi ha fatto i complimenti al termine) e quest’anno non avevo nulla di particolare da dire. Fino all’ultimo abbiamo sperato che la nostra presidente potesse partecipare, ha contratto il Covid, ed era anche un po’ debole fisicamente e non era il caso di farle prendere freddo e camminare per tutto quel tempo. Così su sua richiesta l’ho sostituita io. E’ successo anche lo scorso anno, dove non era malata, ma aveva un altro impegno dove non poteva mancare. Il testo questa volta l’avrei solo letto e non scritto, erano le sue parole da portare. Ho provato alcune volte a leggerlo ad alta voce a casa, per entrare meglio nello spirito del testo.

Sono andata in treno visto che la marcia partiva dove c’è la stazione di Porta Venezia, “armata” di megafono appena acquistato e batterie di ricambio che erano pesantissime. Per fortuna lo zainetto ha resistito. Mi ero vestita tutta di nero (total black), ma rispetto allo scorso anno dove ho patito il freddo, sotto avevo indossato la maglietta termica per il trekking e leggins molto pesanti!
Sono arrivata in Piazza Venezia, molto prima dell’inizio della marcia. L’anticipo era dovuto a riuscire ad organizzarci per tempo. Nella piazzetta c’erano poche persone, ma erano già arrivati i trenta City Angels che ci avrebbero fatto da security. C’era pure una squadra della Digos, in borghese, che avrebbe coordinato le forze di polizia locale per la chiusura della strada. Vicino al comune era stato schierata anche una squadra anti sommossa. La sicurezza da attacchi e manovre da parte di estremisti c’era tutta. Per fortuna non è successo nulla.
A livello operativo eravamo solo in quattro, mentre le altre due dovevano stare dietro lo striscione, gestire gli ospiti e parlare con i giornalisti, insomma la parte mediatica La settima attivista era la presidente che era malata. Eravamo solo sette come “i magnifici sette samurai” a dover gestire un evento che è cresciuto nel giro di mezz’ora. Lo scorso anno avevamo avuto circa 350 persone e pensavamo che anche quest’anno il numero fosse simile. Quest’anno però, le persone che hanno gestito i comunicati sui social sono state molto bravə. Forse ha aiutato anche la grafica che è stata molto azzeccata. L’annuncio si è propagato e un sacco di associazioni hanno scritto per aderire. C’è stata gente anche che è arrivata da Venezia e da Parma. L’evento è cresciuto quasi come se fosse la parata del Milano Pride (di cui facciamo parte del comitato organizzativo). Da parte mia, che sono la segreteria di ACET, c’è stato molto lavoro nel rispondere a tutti i messaggi e ne sono arrivati davvero tanti.

Per l’evento avevamo ordinato 500 candele da distribuire, che simboleggiavano ognuna un morto di transfobia, che quest’anno erano oltre 400 in tutto il mondo, e in Italia circa una dozzina. Il doppio dello scorso anno.
Ovviamente abbiamo avuto qualche problema organizzativo nel cercare di distribuire le candele e i cartelli, per fortuna alcuni volonterosi hanno dato una mano.
Imprevisti? Ci sono sempre. Abbiamo scoperto che la cassa amplificata non funzionava!. Era un carrellino che sarebbe dovuto servire per quando avremmo letto i nomi ad alta voce, durante la marcia e poi nelle letture finali. Abbiamo optato per usare il megafono appena comprato, c’era anche un’altro megafono preso in prestito, ma si è rivelato con un volume insufficiente. Il mio megafono era più potente, ma non troppo. Mezz’ora dopo avremmo visto quanta gente sarebbe venuta, più di 2000!. Non c’era modo di farci sentire da tutti.

Ho detto ai miei colleghi attivisti di andare nel punto di inizio, dopo un breve attimo di panico per un fraintendimento. Con Guglielmo siamo andati a cercare il capo della Digos per avvisare che a breve la marcia sarebbe partita. Avevo preso il tubo con dentro lo striscione perché stavamo andando dove c’erano i City Angels a presidiare il punto di partenza in mezzo alla piazza. Mi giro e non trovo più Guglielmo e lui non trova più me, c’era troppa gente accalcata. Finalmente si ritroviamo, si srotola lo striscione e si parte. Io coordino i City Angels per iniziare ad avanzare, in pochi minuti erano arrivate un sacco di persone e c’era un rischio di disordini.
C’era da gestire più di 2000 persone e noi in 7 gatti, letteralmente, anche se siamo riusciti a gestire tutto.

a giudicare dall’espressione
Per tutto il tragitto da Porta Venezia fino a Piazza della Scala, ho fatto spesso avanti indietro cercando di non fare andare la gente oltre la riga di mezzeria. Il traffico era stato bloccato solo su un senso di marcia. Abbiamo fatto tre pause, ma la gente rompeva la fila enorme per avvicinarsi a sentire. Il megafono non era abbastanza potente. Una pausa l’ho fatta saltare perché dovevamo liberare in fretta un incrocio con semaforo e le auto già stavano suonando i clacson. Il serpentone si era allungato per quasi un chilometro! Ho provato a fare un video partendo dal fondo e la folla non finiva mai, un’esperienza pazzesca. Ed erano tutti lì per noi anche se le persone transgender e non binarie erano una piccola parte della fiumana di gente. Per fortuna erano tutti vestiti in maniera sobria con colori, arcobaleni e bandiere (una per associazione al massimo) e non c’erano esibizionisti in abiti fetish come nella parata del Milano Pride. Il messaggio doveva essere chiaro e pulito: siamo persone, non mostri, con alcuni diritti di meno e spesso vittime del pregiudizio e della transfobia.
A metà percorso Guglielmo mi dice che devo andare davanti a leggere anche io alcuni nomi “ti sei fatta un mazzo così, te lo meriti
“. Così sono andata a leggere e poi ho retto il megafono ad un ragazzo ci teneva a leggere anche lui i nomi.

Terminata la lettura eravamo in via Montenapoleone, credo, e mi sono portata in testa al corteo per arrivare per prima nella zona di fronte al comune, dove ci saremmo fermati a leggere delle testimonianze e pensieri vari.
La gente si è disposta a semicerchio e con il megafono abbiamo cercato, prima io e poi Alec, di farli spostare a riempire alcune aree verso la Galleria Vittorio Emanuele per non creare un assembramento, che già mi stava preoccupando parecchio. Erano troppo ammassati. C’erano anche due ragazzə che erano salitə su un lampione e sventolavano delle bandiere. Alec ha detto loro “mi raccomando di non cadere e farvi male“, ci mancava solo questo anche se avevamo fatto un’assicurazione. Non sono caduti e hanno anche fatto delle fotografie prese dall’alto e molto belle.
Un altro problema è che con il solo megafono non si sarebbe sentito nulla di quello che avremmo detto. Fortuna vuole che in piazza c’era un artista di strada e io ho pensato di andarle a chiedere in prestito l’impianto portatile, però poi ero così presa con altre cose che ho soprasseduto. Ognuno deve fare la sua parte, ma per fortuna la stessa idea l’hanno avute le due organizzatrici Monica e Antonia, che sono andate da lei e le hanno chiesto se ci prestava l’attrezzatura e se ho ben capito le hanno dato anche un piccolo contributo.
In alcuni minuti, che sembravano non finire mai, abbiamo cercato di intrattenere la folla con alcuni messaggi. Finalmente è stato montato l’impianto portatile con due altoparlanti piccolini che sparavano tantissimo. Dovremo acquistare qualcosa del genere anche se il costo sarà di circa 1500€.

Guglielmo ha preso la parola e ha introdotto l’evento ringraziando tutti, poi mi ha presentata. Ho visto all’inizio degli sguardi con un’espressione di dubbio. Mi hanno vista coordinare l’evento, fare avanti indietro con i City Angels, parlare al megafono per non fare assembramento e infine per la maggior parte della gente ero solo una trans sconosciuta. Nel corteo e pronte a leggere c’erano persone trans molto più famose e conosciute. Al loro attivo anni di attivismo e che con la loro presenza hanno contribuito a “creare il momento” e l’adesione numerosa.
Comunque ho aperto io l’evento, piccola grande soddisfazioni della vita.

Grazie alla mia abilità ed esperienza dei corsi di Lettura Espressiva che ho fatto, il corso di teatro e che ci ho messo del mio nel leggerlo mettendoci empatia nella voce (non so come riesco a farlo però) e scandendo bene le parole senza tirare in lungo. Dopo quattro minuti e mezzo di lettura, poco prima che terminassi, all’ultima frase è partito spontaneo un applauso, segno che le mie parole sono arrivate.
Anche la mia presidente ha apprezzato guardando un video che le avevano postato sui social con il mio intervento.

Da lì in poi si sono alternate le dodici persone e ognuno aveva circa tre minuti per raccontare qualcosa. Ci sono state testimonianze, messaggi rivolti alla politica, espressioni del malessere, tutti molto toccanti anche se dopo mezz’ora metà della piazza di era svuotata. Dal nostro punto di vista però non si vedeva questa cosa perché almeno cinquecento persone erano rimaste attorno a noi coprendo la visuale. Me ne sono accorta perché da quel momento in poi mi sono rilassata e sono andata in mezzo alla folla per vedere chi fosse la gente venuta a sostenerci. Terminati gli interventi Guglielmo ha spiegato la storia della cassa amplificata prestata, ringraziando la cantante di strada che ha intonato ‘Imagine’ di John Lennon. Ovviamente abbiamo tutti cantato in coro agitando le candele e le luci dei cellulari.

Cantare insieme è stato il momento più sentito da parte mia, eravamo riuniti ed uniti. Non è una cosa così scontata, anche le persone transgender hanno i loro alti e bassi, inimicizie e a volte anche una piccola transfobia proprio con altre persone trans. Non necessariamente dobbiamo essere tuttə d’accordo, ma negli intenti generali dovremmo essere sulla stessa linea e non sempre accade con associazioni che in realtà fanno business proprio con le persone trans. Siamo persone con qualche problema di gestione della vita in più, che potrebbero essere evitati con un paio di leggi adeguate che non toglierebbero diritti a nessuno.
Monica Romano “Trans lives matter. Un fiume di persone attraversa Milano, nella prima marcia di Milano per i diritti delle persone transgender e non binarie.
“
Un momento storico per la nostra città: marciamo unitə per urlare forte basta alla transfobia!

La cosa pazzesca è stata che in pochissime persone (sette gatti ora davvero samurai) abbiamo gestito un evento che avuto un’ottima risonanza mediatica, anche se a livello locale. A Roma, nel governo, hanno altri problemi, soprattutto per spartirsi la torta dei finanziamenti e forse è un bene che al momento ci ignorino. Ho comunque il timore che dentro tutti questi decreti ne infilino uno, nascosto, per toglierci quei pochi diritti che abbiamo. Oggi abbiamo dimostrato a noi stessi che se ci provano sapremo reagire molto in fretta.
Da parte mia dovevo fare solo un minimo di attivismo e aiuto. Sono molto presa a realizzare altri progetti (tra cui un corso di Attivismo LGBT+ ideato, scritto e gestito) e mi sono ritrovata ad essere tra le persone fondamentali a gestire l’evento dal vivo. Grazie al mio lavoro precedente e relative esperienze di eventi molto grandi, gestire con un megafono le persone, coordinarmi con le forze dell’ordine è stato spontaneo e naturale. L’autostima mi è salita parecchio.
Leggere di fronte a tanta persone non mi era ancora capitato. Ho imparato che se devo leggere per cinque persone o per 2000, ci metto comunque lo stesso impegno e do’ il massimo.
Laura “Ti ringrazio ancora sia per tutto quello che hai fatto, sia per aver portato il mio messaggio alla piazza affollata
”
Terminato l’evento e fatti i saluti con anche abbracci sentiti, mi sono diretta a piedi verso Porta Venezia, in pratica ho rifatto il percorso della marcia all’indietro, cercando di metabolizzare quello che era successo. Ero anche affamata e mi sono fermata da Alice a mangiare due tranci di pizza, prima di avere un crollo fisico e il relativo calo di adrenalina. Mangiare da sola è stato triste, ma ero l’unica a dover prendere il treno diretta alla provincia bergamasca. Quando ero maschio mi capitava sempre di mangiare in solitaria e ci sono, purtroppo, abituata.

Sara “Molto orgogliosi di te
”
Marzia “Bene Bianca! Speriamo siano ogni volta sempre di più!! Un grande abbraccio, grande donna dal grande cuore
”
Il giorno dopo mi sono sentita stanchissima e ho fatto fatica anche a lavorare al computer, mi si chiudevano gli occhi.
Con l’associazione il giorno seguente, abbiamo fatto una riunione del comitato direttivo e parlato di come è andata. Soprattutto per i due ragazzi, che hanno meno di trent’anni, per loro è stata una notevole carica di adrenalina e carichi di emozioni per riuscire a completare quello che avevamo in mente e che avuto successo oltre le più rosee aspettative. Ora che scrivo queste note ripensando al mio battesimo del fuoco a Montecarlo, avevo più o meno la stessa età che hanno loro adesso e forse è per questo che il ricordo è ancora vivido, nonostante i miei ricordi maschili stanno svanendo rimpiazzati dalla nuova vita.
Abbiamo capito che siamo un’ottima squadra e che potremmo fare cose ancora più grandi e importanti lavorandoci insieme, ma avremo bisogno di più aiuto e persone volonterose. Da qui ripartiamo con il mio corso di Attivismo LGBT+ rivolto ai soci e la rifondazione del gruppo volontari dove mi sono offerta volontaria nel provare a gestirlo in modo più efficiente… continua l’attivismo.

tutto è andato tutto per il meglio,
anche se in un momento triste del ricordo che non si deve ripetere