Oggi giorno in presenza sul lavoro. Indecisa sull’abbigliamento a strati dopo alcune prove decido per una camicetta con maniche fino ai gomiti, un blazer e giubbottone invernale. E’ andata abbastanza bene anche se il riscaldamento dell’ufficio era alto e solo con la camicetta avevo freddo, ma con anche il blazer avevo leggermente caldo. Al ritorno in treno c’era il riscaldamento a palla e ho avuto anche problemi a respirare.

La giornata lavorativa è stata produttiva e mi sono sentita sempre più a mio agio. Nella pausa pranzo siamo tornati alla trattoria e quasi tutti hanno scelto di mangiare la pizza che era molto buona, ma a metà pomeriggio stavo ancora cercando di digerirla. Questa sera avrò il corso di teatro e pensavo di caricarmi a pranzo visto che alla sera mi sono portata un panino e mezzo. Infatti mangerò solo il mezzo panino tanto sono rimasta piena.

Dina “Sei bellissima in questi colori. Bianca strepitosa. Come sei femminile! Molto dolce, uno sguardo affettuoso al mondo. Molto orgogliosa di te. Felice.
”

Come è andata alla lezione di teatro?
Questa sera era il turno dell’insegnante Marta, attrice professionista e come preambolo ha detto che il corpo e soprattutto le mani le diamo per scontate. Come le muoviamo, cosa tocchiamo, cosa afferriamo. Le mani sono molto di più anche se tendiamo a dimenticare alcune delle loro capacità, soprattutto nel contatto fisico con gli altri, pandemia a parte, che è diventato sempre più limitato. La lezione di stasera è riappropriarci di questa capacità di vicinanza e contatto. Questa volta anziché parlare delle cose che abbiamo fatto e delle tecniche teatrali scriverò delle mie sensazioni e emozioni.
L’inizio è stato quello di aprire la mano destra, palmo verso l’alto, tenerla ferma e con un dito dell’altra mano sfiorarla per sentire tutto quello che c’è nella mano: la pelle, il calore, i muscoli, le righe come se fossimo dei chiromanti. Lo spostare il dito lentamente e sentire la sensazione. È stata una cosa molto interessante soprattutto le sensazioni della pelle.
In seguito abbiamo toccato le pareti della stanza, l’angolo del rientro delle finestre, preso oggetti però facendo sempre aderire tutta la mano e sentendone la sensazione.
Dopo ci siamo messi a coppie rispetto a come eravamo messi nel cerchio e il più vicino era un ragazzo con meno di trent’anni. Marta ha chiesto se qualcuno aveva problemi a fare l’esercizio toccandoci, ma nessuno ha detto nulla. Un bel gruppo davvero.
L’esercizio consisteva che una persona rimaneva ferma (ed ero io), mentre l’altra le faceva una serie di massaggi lentamente, partendo dalla testa e arrivando giù fino in fondo fino ai piedi, a volte delicatamente, a volte sfregando. È la prima volta che un uomo mi tocca così a lungo, non c’era nulla di eccitazione e neppure di erotico, però effettivamente è un tipo di contatto che per me è stato una mia prima volta: delicato e forte insieme. Mentre lui faceva i massaggi ho pensato come mi sentirò quando sarò io a farlo a lui, cosa che non è successa perché rimandata alla prossima lezione dove ci scambieremo di posto.
L’esercizio seguente era che una delle due persone rimaneva in piedi, posa molto morbida e l’altra la toccava con la mano dando dei colpetti come per far muovere un burattino. La persona reagiva dondolando, piegandosi, muovendosi. Questo lo abbiamo fatto a turno. Mi sono sentita abbastanza morbida e sono riuscita a lasciarmi andare come se le braccia e il corpo non potessero controllare il movimento. Anche questo è stato molto interessante perché è una cosa molto tattile con le piccole spinte e quelle un po’ più forti.
Mentre io gli ho messo una mano sulle scapole, facendo aderire tutto il palmo. Lui si doveva muovere e io seguire i suoi movimenti rimanendo a contatto completo con la mano. Però non avevo capito bene l’esercizio, cioè se poi potevamo usare anche altre parti del corpo e se potevamo muoverci. A un certo punto ho leggermente aperto gli occhi e ho visto che addirittura un’altra coppia erano stesi a terra. Allora ho cominciato a muovere la mano a sentire le sue spalle e le braccia. Ero molto iper sensitiva e sensibile. Mi ha colpita quando sono arrivata all’avambraccio e ho avuto contatto con i peli che erano morbidi e rigidi nello stesso tempo. Non ho mai avuto un contatto così a lungo, specie con un uomo e la cosa è stata molto particolare di sensazioni di calore, forma, potenza nel sentire i muscoli. Facendolo occhi chiusi era un lasciarsi andare e fluire seguendo i suoi movimenti mano mano si lui girava e spostava, per terminare il movimento è sceso per terra e io con lui sempre con la mano sulla schiena. A questo punto ho sentito una nuova mano poggiarsi sulla mia spalla, un tocco delicato. Era un’altra coppia che nel muoversi era arrivata in collisione con noi, penso fossero stati guidati da Marta. Poi ho sentito vari tocchi su di me e tramite l’altra mano, c’era tutte i varie presenze intorno che toccavano e si agitavano, forse ho toccato una tetta, forse una chiappa, ma con gli occhi chiusi non si sa bene. Ad un certo punto Marta ci ha detto di fermarci e riaprire gli occhi e ho scoperto che eravamo un gruppo di otto ognuno in contatto in qualche modo con gli altri. Separati era rimasto un gruppetto di quattro che ha continuato a muoversi come se fosse una specie di danza lentissima ed era del tutto improvvisata e bellissima da vedere.

Salutati i compagni e gruppi, ognuno singolarmente abbiamo fatto l’esercizio del camminare nello spazio della stanza, ma con la mano dovevamo far finta di avere un pennello e usarlo per disegnare nell’aria. Dopo qualche minuto dovevamo far seguire il movimento con un suono. Esercizio molto interessante che mi ha permesso di provare anche vari suoni che non pensavo di riuscire a emettere con la “nuova voce” che è di tono e frequenza più alta.
Tornati a coppie, stavolta con un’altro ragazzo, una persona doveva muoversi muovendo le mani come se fossero due pennelli e l’altra messa di fronte, doveva emettere dei suoni più o meno attinenti come volume e forma a quello che vedeva. Me la sono cavata meglio del ragazzo, quando era suo turno emetteva solo un sibilo quasi sempre uguale e verso la fine non aveva più voce.
Infine l’esercizio finale è stato bellissimo e teatrale. Marta ci ha fatto vedere cosa dovevamo fare. Una parete della stanza era diventata il palcoscenico e noi stavamo seduti all’opposto come pubblico. Chi sarebbe “salito” sul palcoscenico doveva partire da una posizione stesa a terra toccando il pavimento con più arti possibili, respirare e lasciarsi andare improvvisando qualsiasi movimento senza parlare ma emettendo dei suoni. Il contatto iniziale con il suolo mi ha aiutata a creare una mia interpretazione che magari partendo già in piedi mi sarei chiesta cosa fare. L’esercizio era soprattutto di agire senza ragionare ovvero spegnere il cervello e lasciare fare al corpo.
Marta ha fatto il suo esempio ed è stato impressionante e si è visto quanto è brava come attrice. Ha riempito lo spazio come se il palco fosse piccolo e solo per lei, corpo e sguardi intensi e rumori della voce potenti e chiari. Dovevi stare a seguire la storia di quel personaggio, seppur improvvisata.
Terminato l’esempio c’è stato un lungo silenzio, tutti hanno pensato, come me, come ci possiamo anche lontanamente avvicinare a lei?
Infatti non c’era nessuno volontario a iniziare da la performance. Ovviamente non facendosi vivo nessuno mi sono alzata io, lo faccio troppo spesso e adoro mettermi in gioco e spesso sbagliare, ma imparando tantissimo dagli errori e dai suggerimenti degli insegnanti.

Dopo aver fatto qualche respiro e mi sono lasciata andare completamente seguendo il corpo e lasciandogli fare qualsiasi cosa. Mi sono agitata leggermente sul posto scuotendo la testa lentamente e mi sono venute fuori una serie di emozioni una via l’altra: tristezza, quasi un pianto con dei singhiozzi che si è trasformato in una risata amara e altre che non ricordo. A questo punto mi sono alzata muovendomi agitata nello spazio e anche qui non ricordo bene, però sono passata per una serie di emozioni intense che ho sentito dentro e penso si siano viste anche da fuori. L’unico pensiero che mi è venuto in mente dopo circa un minuti di emozioni e movimenti lenti e liberi, era su come potevo concludere la performance e come dargli un finale?. Barcollando lentamente e partendo da un respiro forte diventando sempre più lento e regolare sono uscita lateralmente dal palcoscenico, poi ho fatto un inchino al pubblico per far capire che era terminato e ringraziarli. Il pubblico! Tranne un momento che mi sono ricordata di guardare verso il pubblico, mi ero completamente estraniata e lasciata andare a improvvisare dei movimenti, dei suoni e delle emozioni che non ricordavo che stavo sul palcoscenico, seppure simulato. Il pubblico ha applaudito e ho pensato di avere fatto sensazione, almeno da parte mia è stato notevole quello che mi è uscito fuori.

Perché questo mi ha colpito così tanto? Fino a tre anni fa, avevo completamente chiuso le emozioni e non sapevo come farle tornare. Dopo il coming-out pian pianino alcune emozioni sono tornate e nell’ultimo anno ho cominciato a ridere spontaneamente, piangere nel finale di alcuni film o nell’ultimo capitolo di romanzi, sentire tutta una serie di stati d’animo. Piccole cose, ma belle perché sono tornate dentro di me e fuoriescono libere.
A livello teatrale si dice che se le senti dentro le trasmetti anche al pubblico. Le emozioni che ho fatto sul palcoscenico non erano simulate e in quel momento le sentivo davvero tutte dentro e che fuori uscivano. Mi sono anche stupita per i suoni di pianto, singhiozzi, sospiri e respiri che ho tirato fuori, ecco quelli davvero non c’erano più stati dentro di me da vent’anni almeno.
Marta mi ha detto che l’esercizio è stato fatto bene, ma mi ha fatto un commento che mi ha dato da pensare. Questo coincide anche con il motivo per cui le avevo detto che mi interessa imparare a liberare il movimento del corpo. Ha detto che ho una “fisicità esplosiva”, lo so che sono una donna alta e grande, e che devo imparare ad usare questa fisicità e dosarla. Ciò che ho fatto questa sera è stato bello, ma troppo veloce. Anche qui ho la sindrome da Speedy Gonzalez che avevo nel leggere i testi, devo riuscire a calmarmi e godermi le cose quando sono sul palco soprattutto nel lasciarmi andare all’improvvisazione fisica.
A turno hanno provato tutti, però a parte un ragazzo, nessuno hai messo suoni e hanno fatto udire solo il respiro. Nella maggior parte dei casi abbiamo notato, su suggerimento di Marta, che se c’era una respirazione il corpo si muoveva bene e si dava l’impressione che stesse succedendo qualcosa sul palcoscenico, anche se si muoveva lentamente. Quando invece andavano in apnea era come una scena a intermittenza, dove noi come pubblico, in quell’attimo perdevamo completamente interesse. Interessante davvero.
Pensando a come abbiamo fatto le cose ritengo di aver fatto un qualcosa di molto teatrale e più intenso rispetto tutti gli altri. Forse perché ho sentito dentro queste emozioni che ho cercato di trasmettere e poi non tenendomi più nulla dentro è più facile esprimermi. Sono passata da un estremo di chiusura e un estremo di apertura e la cosa mi fa stare bene dentro quando ci penso.
Negli ultimi minuti, per tirare le 23:00, Marta ci ha fatto qualche esempio di presenza scenica minimale e esempi invece dove parole sue “sembravo più grande?”, in effetti sembrava coprire completamente il palcoscenico come se ci fosse solo lei nella stanza. Ripeto che ha una voce e una presenza scenica pazzesca ed un piacere osservarla e imparare.
Anche questa sera la lezione mi ha arricchita notevolmente. Ho imparato un po’ di cose nuove e mi sono venute anche alcune idee per lo spettacolo di Paprika che sto scrivendo. Alla fine sarà uno spettacolo basato su tutti gli esercizi che avrò fatto nei vari corsi di recitazione e lettura. Una specie di gioco dando agli esercizi un copione con una trama.

Uscendo dalla scuola per prime, eravamo in quattro donne e la cosa bella è che una di queste, che non mi conosce poi così bene, ha detto “Buona notte ragazze
”. Mi ha fatto molto piacere soprattutto perché dopo che Marta ha detto che ho una fisicità dirompente, pensavo che forse la mia parte maschile era saltata troppo fuori, ma anche questa volta è stata solo una mia fissa. Come ha detto la mia amica Laura C. “ogni tanto mi guardo allo specchio e penso: sta succedendo davvero
!
“.
Durante una delle pause, ho accompagnato Alda al bagno e quando eravamo sole ha detto una cosa interessante, dopo avermi chiesto chi è Bianca chi è Iula. MI aveva conosciuta online con un nome e ora ne ho un’altro. Sua figlia mentre vedevano un video dove c’era una persona trans, le ha chiesto perché aveva una voce da uomo. Il suo cruccio era spiegare alla figlia tutta una serie di cose sulle persone trans. Le ho detto che quella persona trans non aveva fatto logopedia e lettura espressiva e teatrale. Poi ho pensato che forse la mia voce non è così “al femminile”, anche se dicono che va bene così, ma lei non ha mai ascoltato Gerardo e quindi non può fare un paragone. Comunque spesso me lo chiedo anche io quando vedo donne bellissime e quando parlano c’è la voce mono-tono maschile e profonda, ma un minimo di impegno non potrebbero mettercelo? Io ho studiato per due anni per cambiare la voce, ma io quando mi metto di impegno poi le cose mi sforzo di farle e ci sono sempre dei risultati.