Sveglia alle 6:45, mi trucco un minimo, colazione ridotta con tisana e fette biscottate e via in auto alla volta dell’ospedale per andare a donare il sangue. Ho la mia mascherina e mi siedo in attesa che aprano. Intorno tutti hanno mascherine professionali e la mia fatta in casa mi sembra ‘da pezzenti’. In realtà almeno la metà non proteggono più della mia che essendo usa e getta forse è più sicura di una lavata. A parte me nessuno indossa i guanti.
Comunque mi sento bene come umore e fisico, penso dipenda dal fatto di essere me stessa senza mascheramenti come la parrucca che mi fa sembrare una gran figa, ma appunto è un’ aiutino.
Mentre attendo scopro che i guanti sono anche parzialmente touch per cui uso lo smartphone per passare il tempo. Finalmente ci fanno entrare tutti e sei, ci misurano la temperatura, 36.5 e quindi preparano le sacche e i documenti. La signora alla reception guarda la mia tessera Avis, con foto, cavoli dovrò aggiornarla mi sembra di vedere un’altra persona. Comunque lei non dà nessun segno di nessun tipo e non mi guarda neppure per verificare la foto, stupendo. Avanzo nella zona per i colloqui e il controllo dell’emocromo (punturina al dito con micro prelievo di sangue), scambio due battute con una signore e un signore, ma la mascherina tende a non farti parlare come vorresti.
Al mio turno entro e la dottoressa mi fa togliere i guanti, uscire e igienizzare le mani e rientrare, quindi fa un sacco di domande, più del solito; accenna anche se ho preso integratori e ormoni e la domanda mi sembra assolutamente normale e necessaria, e stavolta non sento nessun disagio…sono davvero io. Verifichiamo che lo smalto alle unghie non interferisce con il misuratore al dito. Misura la pressione e sembra che l’abbia leggermente alta, mi chiedo cosa sarà mai? Spero non siano le pillole di ‘fieno greco‘ che comunque ancora 7 giorni e avrò terminato di prenderle.
Alle domande del questionario le dico che sono il ritratto della salute e risponde che appunto per donare ci vogliono tutti così. Alla domanda se ho avuto rapporti sessuali non protetti o con partner nuovi…mi prende sempre un nodo al cuore…nessun rapporto, da mai, ma non glielo dico.
Infine entro nella sala delle donazioni dove mi accomodo, mi infilano l’ago. Non guardo anche se non fa male, giusto per non dare ricordi al mio subconscio.
Mentre l’infermiera prepara il kit scopro il braccio e…orrore…noto alcuni pelini sopravvissuti alla lametta dell’altro giorno e nella luce della sala sembrano ancora più enormi. So che è una stupidata, ma forse non avendo altro da fare notare questa cosa è stato automatico.
Attendo che l’operazione si compie. Un paio di volte mi guardo le mani con le unghie smaltate e penso che sono davvero io ed è tutto così meravigliosamente normale, come anche la gonna e gli stivaletti con il tacco. Ogni tanto stringo a pugno e rilascio per far fluire meglio il sangue e mi guardo la mano, ogni tanto guardo gli altri donatori sui loro lettini e nessuno nota nulla di fuori dal normale, nemmeno la mia mascherina fatta in casa.
Terminato in 7 minuti e 45 secondi dico all’infermiera che è un nuovo record, sono scesa sotto gli otto minuti. Qui accade una curiosa cosa grammaticale. Mi toglie l’ago e mentre parla dice ‘bravo‘ perché guarda il mio braccio che è maschile, poi alza lo sguardo e mi dice qualcosa usando la grammatica al femminile visto che ho le tette e una vistosa scollatura. Pazzesca questa cosa inconscia della grammatica.
Morivo dalla voglia di farmi un selfie mentre dono il sangue, per poi guardarmi dall’esterno, ma non si può all’interno dell’ospedale.
Faccio colazione nella zona dedicata con cappuccino d’orzo dalla macchinetta e devo dire il migliore mai bevuto, biscotti, succo di arancia e un panino al crudo, Mangio lentamente e con calma come si deve fare dopo ogni donazione. Di fronte a me gli altri donatori in attesa del loro turno per donare, nessuno mi guarda in modo particolare ora che ho anche abbassato la mascherina per mangiare e a parte un blando fondotinta non ho nessun make-up.
Esco e torno in auto, dopo poca strada faccio il pieno di GPL. All’altoparlante c’è una canzone degli anni ’70 e mi viene voglia di ballarla, ma la accenno appena.
Riparto e c’è il negozio di Naturasì, dove Pietro fa la spesa. Decido di fermarmi per comprare il latte di capra e magari qualcosa d’altro. Purtroppo la zona dedicata alla cosmesi ha un cartello con scritto che quei prodotti non possono essere venduti. Mi sarebbe stata utile una crema per le mani bio a furia di lavarsi le mani.
In cassa c’è una sorpresa, un cartello con scritto ‘mascherine 3,50€’, non mi sembra vero perché ovunque sono introvabili. Queste sono quelle ‘di base‘ e lavabili a 30 gradi e costano un importo ragionevole. Ne compro 3 perché nei prossimi mesi serviranno.
Torno a casa, scarico la spesa, indosso la parrucca pensandoci bene se indossarla, ma per il momento preferisco che i negozianti continuino a vedermi come la Iula che conoscono.
Attendo fuori dal minimarket e mi chiama Rita, parlo con lei alcuni minuti poi è il mio turno. Compro pane e affettato scambiando due battute con la mia amica. Le racconto che ieri la mia amica infermiera mi ha detto che loro moriranno per il diabete, non per il virus e mi ha girato una foto con le scatole di cioccolatini che hanno donato all’ospedale, una pila di due metri. La salumiera risponde ‘ecco perché non le troviamo noi!’. Poi scambiamo due battute su una sua amica infermiera e la mia mia che ci chiedono di tenerle allegre e dire o scrivere qualcosa di umoristico. Alcune volte mi era sembrato di farlo fuori luogo, ma anche a lei hanno detto che dobbiamo farle ridere per rompere lo stress che accumulano sul lavoro.
Torno a casa a lasciare la spesa e riparto in paese per andare dalla fruttivendola. Perché non un solo viaggio? Dopo la donazione non devo fare sport e non devo fare sforzi.
Altra fila fuori dal negozio, scambio due parole su chi è che deve entrare prima con una ragazza e faccio la mia spesa velocemente perché le mie amiche sono davvero prese. Anche il saluto per gli auguri di Pasqua sortiscono giusto un saluto veloce.
Il trionfo della normalità. Sì, questa mattina ero me come avrei voluto esserlo da anni e il mondo intorno a me ha reagito…anzi non ha reagito per nulla che è quello che dovrebbe essere la norma. Sarà che quando accadono queste cose come il virus si iniziano a apprezzare anche le piccole cose, ma quella di stamattina è stata una delle più belle mattine da anni dove non è successo ‘nulla di particolare‘.
Pietro “A volte la quotidiana, semplice, umana, vita di tutti giorni ci sorprende. È suscita in noi una strana felicità per qualcosa che non è accaduto, ma solo la quotidiana, semplice, umana, vita di tutti giorni.
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Silvia “Un giorno qualunque su una persona che sta facendo amicizia con la vera se stessa…
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Passiflora “Grazie che condividi questi racconti. Scaldano il cuore, davvero. E sono contenta per te! Ps io ho una paura fottuta degli aghi e non faccio esami del sangue da… boh!!? Forse dovrei
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Pamplona/Romana “Grazie per condividere con me questi tuoi pensieri. Per me sei tu da sempre, dal primo giorno che ti ho conosciuta in teatro. Ti abbraccio e viva la vita
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Rita “Grazie, mi è piaciuto leggerti!! E ci sono pure io, grazie!!
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Evita “Non immagini quanto sia felice di questa tua mattina "normale"! Spero che sia la prima di migliaia di milioni! Credo anche un'altra cosa: la normalità è davvero relativa, soprattutto è una condizione e come tale siamo noi con il nostro atteggiamento a darle il flusso giusto. Quindi credo di poter dire che, oltre il tuo aspetto, sarà il tuo pensiero e il tuo modo di porti a definire ogni tua azione come "normale".
Per me sei Iula dal momento che me lo hai comunicato. È bastato dirlo, io sono Iula, ah ok bene piacere Iula, io sono Evita. Questa è la normalità, essere se stessi a partire dall'anima.
Buon giovedì santo Iula cara. Con abbraccio naturalmente
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Barbara “Che belli i tuoi racconti. Questo mi ha fatto compagnia mentre pranzavo (sono tornata un’ora fa e ho dovuto fare la solita doccia) e mi ha lasciato un dolce sorriso nel cuore
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