Sveglia presto perché devo portare l’auto in officina per sostituire la bombola del GPL, in auto ho caricato la bici che mi servirà per tornare a casa.
Il viaggio di ritorno è lungo il naviglio e me la cavo in 40 minuti per 13 chilometri. L’aria è fresca e forse ho messo una maglietta troppo leggera, ma con quelle a collo ‘normale’ mi sentivo soffocare. Attraverso il fiume Adda su un ponte di legno dove mi scatto un selfie e con casco, occhiali ed il resto non ho nulla di femminile. Su questo lato del mio fisico ho ancora da lavorarci.

Tornata a casa mollo la bici in garage e vestita da “ciclista” vado in centro a fare colazione perché ho fame. Mi sento liberata e non ho nessun timore sul come mi presento al mondo. Di strada incrocio la vicina della torta (Carmina da ora in poi), lei ha appena fatto spesa e scambiamo due parole.
Mattina di lavoro. Carmina mi suona il campanello, il marito ha comprato una stampante e il PC Windows non la gestisce, come è accaduto alle altre due stampanti. Le dico che passerò stasera dopo che ritiro l’auto. Lei torna pochi minuti dopo e mi dice che se mi serve un passaggio il marito può darmelo. Questo buon vicinato mi piace molto e ne approfitto.

Dopo pranzo provo a indossare qualche abito di quelli arrivati ieri, un paio non sono sicura di averli ordinati, cioè nell’app sembravano diversi, poi guarderò. La taglia L è perfetta per il mio fisico e ci entro (ed esco) senza problemi.

Indosso un abito rosso con rose bianche, mi trucco e sono pronta per la videoconferenza aziendale che è stata stupendamente normale come se fossi stata sempre così. Penso di avere avuto una voce più femminile anche perché non dovevo più fingere.
Al termine scendo dal vicino per il passaggio in auto e mi chiedevo di cosa avremmo parlato durante il viaggio. Con il marito non è che abbiamo avuto un gran rapporto a parte sistemargli il computer ogni tanto e invece è stato un dialogo bello e normale. Abbiamo parlato soprattutto di tecnologia 5G perché voleva che gli chiarissi cosa è e quando arriverà. Ho un flash di me seduta in auto con il bel vestitino, la gonna e i sandali con il tacco e parlavo con alcuni toni da donna, di argomenti hi-tech e dentro di me ero di una serenità che forse non avevo mai provato.

Arrivati lo ringrazio e saluto, ci vediamo più tardi per sistemare la stampante. Entro nell’edificio e attendo che finiscano di preparare l’auto. Mi siedo e traffico con lo smartphone e mi viene in mente un flash del passato. Anni prima ero andata a fare la revisione e avevo indossato delle scarpe con un tacco di quelle che non è immediato vederlo e all’epoca sembrava che nessuno lo notasse, forse avrei dovuto capire da quel momento che avrei potuto diventare trans senza tanti problemi. Ora ero seduta da donna e nessuno dubitava di me, nemmeno il meccanico che mi ha consegnato l’auto.
Di ritorno verso casa mi fermo al supermercato per comprare due cose e in cassa inizio ad appoggiare sul nastro la spesa e la commessa mi dice ‘Signora, attenda un attimo perché la cliente è andata a prendere un prodotto’. Signora. Che bello.

Tornata a casa mi cambio perché inizia a fare caldo, indosso un vestito monopezzo con disegno a fiori lungo fino a mezza gamba, forse meno. Un rapido pensiero che forse mostra troppo le gambe non ancora così femminili, ma queste cose mi pesano sempre meno, poi se mi hanno accettata vestita peggio…indosso la mascherina e scendo di un pian, suono il campanello e sono in casa della vicina. Mi accomodo su una sedia dove sul tavolo c’è il computer e inizio a armeggiare, venti minuti dopo ho terminato. Anche stavolta il produttore di stampanti durante l’installazione fa di tutto per farti registrare e abbonare ai suoi servizi, riesce a driblare le varie richieste ed avere la stampante/scanner configurata in wireless. Nel frattempo di parla, anche con la vicina, di un pò di cose. Anche qui ho il flash di me seduta, con le unghie lunghe e rosse, il vestitino, i sandaletti con le unghie smaltate che parlo tranquillamente e vedo i loro volti ‘normali’ che non notano nulla di strano. L’altra cosa che mi ha colpita è che il marito si rivolgeva a me usando il maschile, ma la cosa è stata di una normalità che mi ha dato una carica pazzesca.
Tra i pensieri che mi girano in testa uno è sull’accettazione e giudizio da parte di tutti verso gli altri. Non ci piace qualcosa che sia a metà strada, un ibrido. Dobbiamo sempre capire da ‘che parte sta’ qualcosa. La mente deve etichettare e utilizzare le informazioni e quando ha dati poco chiari e incerti, allora alza le barriere della difesa fisica e mentale. Nonostante sia di mente aperta, questo mi è accaduto alla prima riunione del gruppo transgender incontrando le persone a inizio/metà transizione e quindi dove non si capiva chi erano uomini che volevano diventare donne e viceversa. Ho avuto una sensazione di disagio e appunto di valutazione e giudizio, poi a metà conversazione le vedevo come persone e non più come dei non so cosa.
Quando vedi in giro delle persone gay, trav, trans che vestono in modo esagerato con abiti e gioielli che spesso sono esagerati, mischiati con poco gusto allora si alzano subito le barriere e si ha un’opinione negativa e si cerca di non immischiarsi, di non volerle conoscere, di averci il meno a che fare.
La risposta all’evitare di far alzare le barriere per una persona trans è quella di cercare di somigliare al genere di riferimento, non esagerare con gli abiti, accessori e trucco ed essere se stessi dopo aver in qualche modo indicato quello che vuoi che vedano. Nel mio caso sono Iula, sono una donna, vesto sempre con eleganza non esagerata, mi trucco, il tutto quanto basta per camuffare le caratteristiche biologiche maschili. Sorrido spesso, ho un carattere accogliente e aperto e non impongo mai le mie idee, le esprimo soltanto. Una volta inviato il messaggio da quel momento non importa come ti vesti, come parli, come ti muovi, da lì in poi ti vedono come sei.