Oggi sono andata a Milano a partecipare in un laboratorio di un’attività inusuale, come dimostra anche il titolo: “Gesto Senso”.
Ha avuto anche alcune attinenze con il laboratorio “Dancing Lotus”, che ho fatto qui qualche mese fa (apri articolo del blog), e altri dove si mescolava danza, disegno espressivo e improvvisato, scrittura creativa, emozionale e non ragionata. Di cosa si trattava l’ho scoperto dopo, come ha detto Susanna, che ha tenuto il laboratorio: dovevamo lasciarci andare alla meraviglia.
Ogni volta che partecipo a un laboratorio o una meditazione, c’è sempre qualcosa che mi aiuta a guidarmi nel mio percorso di vita, risvegliando alcune cose subite e ricordandomene altre che davo per scontate. Vivere la quotidianità spesso mi spegne l’emozione di vivere, finalmente, al femminile.
Oggi eravamo un numero ristretto, di sole quattro donne, nel piccolo spazio ci stavano quattro fogli di formato circa 70×100 centimetri, stesi al suolo.
Dopo un primo rilassamento, in cui ho fatto una piccola meditazione non guidata, abbiamo iniziato il laboratorio con una serie di esercizi di danza e ascoltando una musica con chitarra classica e archi. Simona aveva detto di lasciarsi andare e lasciare entrare la musica, a metà brano ho pianto. Forse lacrime di gioia o forse di non so cosa, ma è stato liberatorio lasciare andare qualche emozione che in questi giorni probabilmente ho tenuto troppo dentro.
Il foglio gigante serviva per non farci disegnare sulla moquettes e sopra di essi abbiamo scelto dei fogli che potevano essere uniti tra di loro, ritagliati da un rotolo e io li ho anche sagomati, unendone due. Al termine del laboratorio ho scoperto perché l’avevo fatto senza saperlo…
Abbiamo scelto due colori, tra i moltissimi pennarelli disponibili, poi ci siamo sedute sul nostro foglio e mentre ascoltavamo la musica che avevamo sentito poco prima, ad occhi chiusi ho impugnato uno dei due pennarelli e abbiamo iniziato a disegnare sul foglio.
Dopo che con la mano destra, quella operativa, decisionale, dominante ho disegnato dei ghirigori, ho usato la mano sinistra con l’altro colore e ho scoperto che questa è la mia mano creativa, si muoveva leggera e non faceva ghirigori precisi.
Nella condivisione finale, altre hanno detto che per loro le due mani erano uguali.
L’esercizio è continuato, scegliendo un pennarello di colore scuro e sempre ascoltando la musica, dovevamo osservare i nostri ghirigori sul foglio e cercare di scorgerci delle figure, una volta trovate tracciare un contorno. Non dovevano necessariamente essere qualcosa di logico e di reale.
Nel tracciare i segni, ho cercato di cambiare visuale guardandolo il disegno dall’alto e spostandoci intorno, un po’ perché sono una persona creativa e un po’ perché ho appreso che quando mi lascio andare, si stimola il pensiero laterale: quello meno logico e che non sempre trova la via migliore, ma una via a cui non si era pensato che esistesse.
La danza è arrivata danzando liberamente intorno e sopra il mio disegno, traendo ispirazione dalle linee tracciate, il corpo si è mosso liberamente e dolcemente.
In seguito, da una vasta scelta di colori, abbiamo iniziato a riempire le figure. Ho utilizzato i pastelli a cera come in un altro laboratorio e avevo visto che mi stimolavano di più il disegno. Ho usato anche qualche matita che ha risvegliato il mio lato artistico giovanile. Avevo studiato grafica e pubblicità e disegnavo veramente bene (voto 28/30), peccato che poi non è stato possibile farne una professione (apri articolo del blog con esempi). Recentemente ho provato varie volte a disegnare, ma purtroppo mi è rimasta la tecnica e non la magia dell’ispirazione e della creatività.
La parte finale, sempre ascoltando questa musica, è stata di aggiungere del testo, cercare delle parole ispirate a quello che avevamo disegnato. Ho usato due fogli con due colori e che ho scoperto essere complementari. Non essendo soddisfatta ho anche aggiunto delle scritte intorno alle varie figure.
Quando Susanna ci ha chiesto di condividere, come ormai faccio sempre nei laboratori – sarà che mi stimolano i pensieri – ho iniziato per prima. Non sapevo esattamente cosa avrei detto e mi sono lasciata ispirare dalle sensazioni che avevo ricevuto, scoprendo cosa il mio subconscio mi aveva fatto realizzare!
È venuto fuori il mio percorso di transizione. Ho detto che sono da una transgender, a beneficio delle altre due signore che non conoscevo.
Sia le parole che i disegni, hanno raccontato molto di me. Il mio rapporto con me stessa, gli altri, il gruppo. C’era anche il mio “se stesso” maschile del passato. La natura che adoro simboleggiava il risveglio tra vegetazione e natura sottomarina dove era uscita una specie di ostrica, con dentro una perla.
Sui due fogli aggiunti ho scritto delle parole, usando colori diversi e anche stili del carattere diverso. Ho studiato grafica e mi è sembrato naturale aggiungere un’emozione stilistica alle parole.
Ho anche scritto la parola vita per due volte, una in minuscolo e poi in maiuscolo, che è stato anche il titolo della mia opera finale: vita-VITA!
Susanna mi ha fatto notare che avevo sagomato il foglio su cui disegnare usando due fogli di tipo e colori diversi. Il mio subconscio aveva pensato già dall’inizio, di raccontare qualcosa di me, e in questo caso evidenziare le mie due metà: maschile e femminile, che nel caso di una transizione di genere non è risvegliare l’altro lato, ma una vera trasmutazione. E’ difficile fare convivere la parte nuova (femminile) con quella antica (maschile), soprattutto agli inizi. Dopo cinque anni ho trovato un buon compromesso.
Sto cercando di conservare la mia parte maschile con le cose che mi sono utili, disconoscendo quella la parte distruttiva, violenta e che vuole imporre al mondo una visione maschio-centrica. In fondo in fondo sento che c’è dentro di me, la chiamo “il mostro”, una natura selvaggia incontrollata.
Non so se la parte creativa fosse anche quella nel mio lato maschile, ma di sicuro quella femminile è empatica, emozionale, sociale.
In seguito hanno condiviso anche le altre e ho notato che ognuna ha raccontato di se stessa, tranne Elena che ha preferito non dire nulla, il laboratorio le ha risvegliato un qualcosa che l’ha fatta piangere. Il suo inconscio, come anche a noi, ma forse con più forza, le ha voluto raccontare qualcosa di se che teneva dentro.
La parte finale è stata una danza di gruppo tutto intorno ai nostri disegni, arrotolati per essere trasportati a casa.
Una delle partecipanti l’ha piegato e ne ha fatto una barchetta, curioso. Da parte mia ho preso del cordino colorato e ne ho fatto due fiocchi. Come mi hai fatto notare Elena, ho creato un tappetino per Yoga con corda per il trasporto.
Susanna era indecisa su quale musica finale usare e ci ha chiesto cosa volevamo tra le sei disponibili e una delle partecipanti ha detto il numero sei. Ha fatto notare che di solito le piacciono i numeri dispari e non sa perché ha scelto questo. Il brano era “I can do it’s Magic” e come ho fatto notare, dopo tanto introspezioni ci voleva un momento rilassato e gioioso, anzi giocoso.
Quando è terminato il brano, eravamo quasi al centro ed è stato naturale fare un cerchio, tenendoci per mano e salutandoci con grandi sorrisi.
Per la mia psicoterapeuta, che dí tanto in tanto mi legge: forse è meglio non interpretare i significati del disegno, oppure si? Chissà cosa mi sono raccontata…