Mentre stavo andando a Roma per l’intervista su Raidue mi arriva questa e-mail :
“Ciao, sono un giornalista della Gazzetta dello Sport e ho partecipato anche io al torneo “Te lo do io il Qatar“, essendo socio della Open Milano. Ho letto il racconto della tua esperienza sul tuo blog e mi sono commosso. Vorrei scriverne un articolo. Sarebbe possibile scambiare qualche chiacchiera?“.
Questa squadra di calcio trans sta avendo una rilevanza nazionale. (Al primo allenamento di settimana prossima avremo 16 persone e oltre trenta in lista!) Le occasioni vanno prese al volo e in questo caso ho meno timori su quello che sarà pubblicato. Lui è una persona LGBT+, quindi degna di fiducia perché è a conoscenza dei problemi del nostro mondo.
Solitamente i giornalisti non scrivono mai cose corrette su di noi, usano grammatica e pronomi completamente errati, cercano sempre un qualche sensazionalismo e soprattutto nei titoli, infilandoci a sproposito la parola trans e molto spesso quella “transessuale”, che noi non usiamo più da anni e che ci fa molto male perché è il termine medico con cui eravamo definitə negli anni ’80 quando eravamo considerate persone malate.
Qualche giorno dopo facciamo una bella telefonata di quaranta minuti dove racconto di me, dei motivi che hanno spinto l’associazione a creare la squadra, perché ho partecipato e soprattutto, visto la mia età (58) come mi sono sentita. Le domande sono state interessanti e abbiamo parlato anche di alcune cose che non verranno pubblicate, argomenti non sportivi dove è comunque bello scambiarsi opinioni.
In seguito mi ha inviato il testo che sarebbe stato pubblicato e sono rimasta piacevolmente sorpresa per la qualità della grammatica dello scritto e anche di come ha spiegato in frasi molto brevi problematiche molto più complesse. Dalla mia esperienza di lettrice della “Gazzetta dello sport” cartacea, quando sono al bar, la maggior parte dei contenuti non mi sono sembrati così curati e la relativa forma grammaticale, ma forse perché stavolta si scrive di me.
Il testo era stato mandato per approvazione per un motivo: se l’articolo cita l’associazione e quello che facciamo, deve avere i pronomi corretti ed essere coerente con i nostri obiettivi. È già capitato che durante un’intervista diciamo alcune cose e poi il testo ne riportava altre, a volte storpiando e modificando quanto avevamo detto. Da allora, se non ci mandano una bozza preliminare, la nostra risposta è di non citare l’associazione e scrivere quello che gli pare. Non è una forma di censura, ma di preservare l’associazione da manipolazioni.
Peccato che l’articolo sarà pubblicato nella sezione del sito a pagamento, mentre in chiaro si potranno leggere solo le prime dieci righe.
Una piccola preoccupazione mi rimane riguardo al titolo. Non è mai il giornalista a sceglierlo, ma la redazione e spesso rovinano tutto.
A proposito del titolo, Marco mi chiama la mattina della pubblicazione e mi dice che è una cosa che non fanno spesso, ma che vista l’importanza della tematica, la redazione ha deciso di chiedermi una conferma. La frase esatta che mi ha detto è “dimmi se non ti stride
”.
Quando mi ha letto il titolo: “Gerardo oggi è Bianca, e gioca di nuovo a pallone: "Adesso non fingo più
”. qualcosa dentro stridere l’ho sentito, ma sono una delle poche persone trans che non ha rinnegato il passato, anche se da quando ho cambiato i documenti (dopo tre anni di pratiche), ho finalmente eliminato l’utilizzo del mio nome di battesimo e vederlo tirato fuori… qualcosa dentro mi ha smosso. Come dice una mia amica “sei una persona intelligente e ti informi”, l’occasione è enorme e l’articolo è scritto troppo bene.
Per fortuna non hanno messo la parola trans nel titolo su consiglio di Marco e quindi tutto bene, sarebbe stato davvero difficile per me da accettare in questo caso.
È successa la stessa cosa a Rai2, dove nell’immaginario del giornalismo c’è questa cosa di mostrare come si era prima e come si è adesso , pensando che alla gente sia uno stimolo per far capire il cambiamento da parte della persona trans. Nella realtà, anche fotografica, sono due persone diverse e quella del passato ha perso ogni significato.
Comunque ho letto di peggio quindi va tutto bene.
Marco è anche riuscito in un’altra bellissima impresa: l’articolo è leggibile in chiaro, senza dover pagare l’abbonamento mensile e questa è davvero una grande occasione per diffondere notizie sul mondo trans in modo positivo.
L’articolo può sembrare leggermente romanzato, ma parla davvero di me e alcune cose raccontate mi hanno dato da pensare. Ad esempio, nel mio passato ho scelto di praticare un sport molto maschile, come per affermare alla società che ero un uomo, anche se non mi sentivo davvero di esserlo. Anni dopo ho anche praticato per tre anni l’allenamento al pugilato e sebbene in palestra c’erano due donne, anch’esso doveva affermare lo stessa cosa. Il motivo della scelta di questo sport era per la mia lombosciatalgia, e l’allenamento è davvero un’attività fisica completa, ma ora credo che ci fosse dietro qualcosa d’altro, specie quando lo raccontavo ai colleghi che sgranavano gli occhi “tu fai pugilato?”.
Leggere qualcosa su se stessi, ma raccontato da altri, è stato terapeutico, sono aperta a qualsiasi critica e osservazione. L’unica cosa che devo risolvere adesso, come Bianca, è il vedermi di profilo nelle fotografie. Noto che nel tempo sono sempre più femminile, ma continuo a vedermi grossa e con tratti maschili. Ovviamente hanno pubblicato una foto dove sono di profilo (molto bella e come messaggio che lo sport unisce), mio malgrado anche su Rai2 mi avevano inquadrata spesso di profilo. Prima o poi dovrei riuscire ad accettarmi anche su questa cosa che è l’unica che non si può cambiare nella transizione: la struttura ossea.
Maia “Incredibile come sei cambiata vestita per giocare a calcio. Nel senso, ho le foto fate a city life come riferimento, ma qui stai molto meglio che in quegli scatti.Forse sono i documenti? Forse sono le tue parte di te che hanno fatto pace e ora sono tutto la medesima? Forse perché parli a nome di altri e quindi hai una postura differente?
” (Leggi articolo del blog sul servizio fotografico), rileggendolo vedo che sono cambiata e parecchio!
Parlando con il giornalista è uscita questa cosa che poi ha scritto:
“Periferia di Milano, primi giorni di primavera 2023. Bianca ha 58 anni e per la prima volta è scesa in campo felice. No, felice non è la parola esatta. Libera. Libera di esprimersi, dentro un corpo che finalmente le calza bene quanto quelle scarpe coi tacchetti rimaste appese così a lungo. Troppo a lungo.
”
Maia “Infatti, si vede la libertà e cambia molto.
“
Oggi mi è arrivato un messaggio dalla mia nipotina che vale più di tutti i complimenti che ho ricevuto e mi ha scaldato il cuore.
“Ciao zia, mia mamma mi ha fatto vedere te che eri in televisione, Non me l'aspettavo. Poi nella TV hanno fatto vedere che giocavi a calcio con gli altri e mi ha fatto ridere. Sei stata brava.
”
Inoltre nella pausa pranzo durante la mia camminata digestiva si è fermata un’auto e un tizio mi fa i complimenti per la trasmissione Tv…ormai “Diva” anche in paese.
Dina “Quanto hai camminato, Bianca! Sono molto assente, anche se non è vero.
”
Ti abbraccio stretta.