Ieri sera sono andata a assistere a uno spettacolo teatrale speciale, presso la mia scuola SATS, dove l’attore ha usato solo le mani nude per i personaggi e doppiandoli con la propria voce.
Il titolo era “U.MANI.TÀ è uno spettacolo di teatro manuale“.
All’inizio ha fatto fare anche qualche breve esercizio con le mani coinvolgendo il pubblico e suscitando ilarità che ha un significato scientifico: quando il cervello impara una cosa nuova facendo uso della manualità è felice e se si è in gruppo suscita emozioni e ilarità in questo caso.

Lo spettacolo era diviso in due parti dove la prima era il dialogo tra i due personaggi che raccontavano brevi storie e in cui quello con il vocione, e quindi più cattivo e cinico, smontava tutte le fiabe classiche. In effetti viste con l’occhio moderno i personaggi delle storie fanno oppure subiscono stalking, circonvenzione di incapace, rapimenti, omicidi a sangue freddo, droga…e spesso i cattivi diventano le vittime a loro volta, infine molti hanno anche degli accenni di sessualità. Un punto di vista interessante.
Se vi capita andatelo a vedere.
Non avevo compreso che lo stesso attore ci avrebbe fatto il laboratorio di oggi che ha come tema il corpo e dopo lo spettacolo avevo le idee confuse che forse avremmo usato solo le mani. Inoltre a fine spettacolo ci era stato detto di portare un “oggetto del cuore” che sia manipolabile, aumentando la mia confusione. Quando mi iscrivo a certi laboratori non mi informo più tanto e preferisco godermi la sorpresa di conoscere e imparare cose nuove.
Avendo visto lo spettacolo avevo pensato a un peluche, poi a una spazzola e quindi mi si è accesa la classica lampadina: la mia prima parrucca che ho indossato al coming-out! Ha un grosso significato emotivo ed è manipolabile, anche se non avevo capito cosa farci…metterci dentro una mano e fare il “cugino IT” della Famiglia Addams? Mistero.
Questo laboratorio è anche un “seguito ideale” a quello fatto qualche mese sempre sul corpo. Leggi articolo del blog, da qui il titolo…non stai perdendo nessun post della parte uno!
Dopo avere fatto colazione in un bar sono arrivata a scuola con largo anticipo e ho trovato Max, il titolare della scuola, e un attore di cui avevo visto lo spettacolo qualche mese fa. Abbiamo scherzato parecchio con battute nonsense tipiche di Max, attività proseguita con l’arrivo di Luana, che conoscevo di vista. Mi è piaciuto respirare questa complicità tra attori (anche se io sono una hobbista). Nel giro di venti minuti sono arrivati tutti compreso “il docente del corso” Jacopo Tealdi (link Facebook, hashtag #quellodellemani).

“La GINNASTICA MENTALE è una fusion di tecniche miste, lezioni di mimo e di teatro fisico sviluppata negli anni da Jacopo Tealdi, in arte #quellodellemani, mimo, attore, regista e ricercatore del gesto.
La GINNASTICA MENTALE, conosciuta all’estero come brain-fitness, attraverso l’educazione alla teatralità, un pizzico di mindfulness e un’oncia di rilassamento facciale riesce a far comprendere alle persone come vivere in una maniera più intensa la vita stessa!! Per allenare la mente e il corpo (e soprattutto la relazione tra questi due mondi che sembrano così distanti) useremo molto le mani e quindi posizioni yoga per le dita – i mudra! – e anche elementi della Lingua dei Segni. Lo scopo di questo allenamento è approfondire la comunicazione gestuale, la propriocezione, la coordinazione motoria ed emotiva grazie alla pedagogia del silenzio, l’ingrediente più segreto tra gli ingredienti segreti per eccellenza!“

Il laboratorio è stato intenso, in alcuni tratti impegnativo e lungo dalle 10:00 alle 17:00 con pausa pranzo di gruppo. E’ stata un’esperienza che mi ha riempito di cose, nozioni, capacità e nuove amicizie. Alla fine Lorena, che avevo conosciuto un mese fa per lo spettacolo di Natale (Link del blog) e che durante le prove avevo erroneamente capito che era davvero una suora, invece del suo personaggio, mi ha detto una cosa che mi ha fatto piacere e dato da pensare.
“Quando ci conosciute non eri così, ora sei più dolce
“.
Al momento ho pensato a una qualche spiegazione che sono in continuo cambiamento, che è vero, ma poi ripensandoci quella sera c’era la mia alter ego teatrale “Paprika LeBon“. Oggi ero me stessa ed è possibile che oggi abbia dato davvero molto a tutti. Da quando ho rifatto le sopracciglia tatuate la settimana scorsa, ho più sicurezza di me stessa, il volto sembra più arrotondato e femminile, mi chiedo se basta così poco per aiutarmi a tirare fuori me stessa e probabilmente ho uno sguardo rilassato e più dolce.
Non ricordo tutti gli esercizi, che sono stati davvero molti, ma la sorpresa più grande è stata che alcuni non erano relativi all’essere attore e/o un mimo, ma la ginnastica mentale, la riflessologia plantare e il sentire il proprio corpo e coccolarlo.
Al principio abbiamo fatto gli esercizi classici di riscaldamento del corpo, ma qui fatto in maniera da mimo, dove copiavamo i gesti delle mani e del corpo di Jacopo, inclusi alcuni suoni e rumori fatti con la bocca.
Al termine della mattina di esercizi c’è stata una condivisione detta “parliamo intorno a una ciotola” e ognuno ha raccontato la sue esperienze e cosa ha provato.
Per questo esercizio ho scoperto che non è solamente la mente che crea emozioni e il corpo reagisce, ma anche il contrario. Fare gesti felici, nervosi, stupidi, muscolari provoca nel cervello le emozioni relative.

Nel mio intervento durante “la ciotola” ho detto alcune cose sulla mia transizione e la relazione con il corpo. Fino a tre anni fa non consideravo il mio corpo maschile e in alcuni momenti quasi lo odiavo. Poi ho iniziato la transizione e ne ho preso cura e prima ancora di iniziare la terapia ormonale, il mio corpo mi ha stupito perdendo quattro chili in pochi mesi, senza dieta, ho perso muscolatura nelle spalle e ho iniziato a muovermi in maniera femminile…tutto a livello inconscio e grazie al mio fisico. Rispetto a quasi tutte le altre persone transgender che ho conosciuto non ho cercato e non cerco di diventare esternamente lo stereotipo della donna. Apprezzo ogni singolo cambiamento nella direzione della mia femminilità interiore che ora si manifesta anche esternamente. Gli ormoni non fanno poi così tante cose, giusto la pelle più morbida e lucida, eliminata la sensazione di forza fisica, rinforzato i capelli e la crescita del seno. Quest’ultima non capita a tutte e ho avuto momenti alterni, ma recentemente ho trovato la centratura di me stessa e il mio corpo risponde ai farmaci con una crescita naturale e rapida. Sto cercando di avere in armonia il dentro e il fuori. Molte donne trans credono che dopo le operazioni il loro mondo sarà risolto. Purtroppo non sarà così, avranno un “problema fisico” di meno, ma il dentro rimarrà lo stesso e la femminilità non è solo vestirsi, sapersi truccare e parlare con voce morbida. Se si osservano le donne biologiche, come ho fatto e continuo, non sono solo quello, ma molto altro.
Quindi amo il mio corpo con le sue piccole meraviglie e quando sei centrata tutto diventa possibile e le relazioni con gli altri sono aperte e coinvolgenti.
In un esercizio dove in tre dovevamo reggere con in dito delle bacchette, ma ognuna sospesa tra due persone ai lati, ho trovato una complicità negli sguardi e un sorriso con gli occhi che ho ricambiato naturalmente. Il tutto continuando a fare respiri profondi e reggendo miracolosamente le bacchette che non sembravano più una cosa impossibile.
Altro esercizio era il muoversi nello spazio, senza scontrarsi né ostacolare gli altri. Cosa classica, ma anche qui l’esercizio si è evoluto perché ad un segnale sonoro dovevamo immobilizzarci nella posa per ripartire alla ripetizione del segnale. Ogni pochi minuti diventava sempre più rapido nel camminare e sempre più difficile perché il segnale di stop era visivo con la mano di Jacopo, che si muoveva intorno a noi, tenendo le braccia e il segnale prima in alto e poi con la mano sempre più in basso e nascosta. L’esercizio era di formare un branco dando fiducia agli altri. Se uno si fermava dovevamo capirlo e fermarci a nostra volta, lo stesso per ripartire. Solo un paio erano in posizione per vedere il segnale, inoltre dovevamo camminare con lo sguardo dritto e abbiamo iniziato a non ragionare, cercare visivamente il segnale osservando davvero tutto quello che avevamo di fronte e reagire allo stop. Non è mai facile dare fiducia totale alle altre persone nella vita reale.

E l’oggetto preferito? Anche qui la cosa è stata subdola e io adoro le sorprese che mi mettono alla prova. Ci siamo seduti e abbiamo iniziato a simulare il nostro oggetto come se lo avessimo in mano. La mia parrucca stava su una mano mentre l’altra ne distendeva i capelli con dolcezza. Poi la prendevo, rigiravo e la indossavo sistemandola, per poi toglierla. Il tutto come ricordavo di fare. Poi abbiamo preso l’oggetto e ho scoperto che i miei ricordi non coincidono con la realtà.
La parrucca vera va tenuta in modo diverso, lo stesso il pettinarla con l’altra mano. I gesti e le pose sono simili, ma prima avevo cercato di rendere visivo una cosa che non c’era con gesti semplificati.
Anche l’indossarla, sistemarla e toglierla con la parrucca vera è stato diverso.
Lo abbiamo rifatto una volta senza l’oggetto e ho notato che i miei movimenti adesso erano differenti e più realistici, meno idealizzati.
Poi c’è stata la sorpresa. Rimanendo a occhi chiusi e tenendo le mani a coppetta ci è stato tolto il nostro oggetto e dato un’altro, uno degli altri partecipanti. Senza poterlo vedere e solo con il tatto abbiamo dovuto capire cos’era, tastarlo e sentirne tutte le sue parti.
Mi si è acceso un ricordo quando ho capito che era un pennello. Da giovanissimo avevo studiato grafica e all’epoca l’odore della carta, quello dei colori e il tenere in mano i pennelli mi dava emozioni. Credevo fosse il mio futuro. Ovviamente la vita ti porta in altre direzioni e sono finita nell’informatica. Qualche anno fa avevo ripreso in mano i pennelli e avevo scoperto che la tecnica era rimasta, ma non c’era più la magia nell’usarli. Toccare il pennello ha riacceso il ricordo della magia. Chissà se riprenderò a dipingere.
L’esercizio si è concluso dove a turno, andando al centro della stanza abbiamo dovuto mimare l’oggetto e il suo utilizzo, ma usando tecniche da mimo e non da gioco di società.

Riflessologia plantare. Mesi fa avevo fatto quella facciale (vedi link del blog) e sapevo più o meno di cosa si tratta, ma anche qui è stato differente perché ci siamo presi cura del nostro piede, toccandolo anche a occhi chiusi, sentendone le sue parti e poi massaggiandolo. Più tardi abbiamo fatto l’esercizio sulla mano destra che rimaneva immobile, quasi morta e con l’altra tramite un bastoncino dovevamo toccarla, seguirle le forme, le linee della mano e infine massaggiarla dolcemente. La mano di utilizzo si occupa di tutto, ma non riceve mai le dovute attenzioni. Mi era venuto in mente che la mia mano sinistra era rimasta invidiosa di non avere ricevuto il trattamento.
L’esercizio dopo era su di essa. Seduti in cerchio con le gambe incrociate, la mano sinistra stava morta sul ginocchio della persona accanto, mentre la destra faceva il trattamento alla mano della persona sul suo lato. Il tutto a occhi chiusi e dopo averci spalmato con una crema idratante. La ragazza alla mia destra ne aveva messa forse troppa e non riuscivo a darle le dovute attenzioni…scivolava.
In alcuni momenti la mia attenzione era presa a fare il massaggio e non sentivo molto quella lo riceveva. Ho anche avuto un breve flash del massaggio che ho fatto alcune settimane fa con una professionista, ma non mi aveva dato quella cosa in più di sensazioni che mi immaginavo. Qui, invece, dopo alcuni minuti sono rimasta sorpresa dal dare e ricevere in equilibrio e quando ricevevo qualcosa di particolare, un tocco, una carezza mi veniva naturale farlo alla mano che massaggiavo.
Copiando le mosse con le mani di Jacopo, dopo qualche minuto ci siamo fermati e ci ha detto che “abbiamo appena fatto l’alfabeto del linguaggio dei segni della lingua Italiana”. Sorpresa! Il compito seguente è stato quello di imparare “a dire” il nostro nome usando le mani. Confrontandoci siamo riusciti, ovviamente alcune lettere nessuno se le ricordava, quale era la lettera A, quale la lettera G ?
Ora lo so fare molto velocemente ed è stata un’esperienza davvero a sorpresa e che cercherò di ricordarne le posizioni. Ho anche imparato a dire che ho capito ed essere felice, agitando le mani.

Il penultimo esercizio è stato peculiare, ma tutto è stato davvero differente dalle aspettative. Una persona era la statua, gli altri armati di due bacchette le doveva usare per far cambiare la posa, prima alla nostra statua di riferimento e poi ci siamo scambiati le statue a piacere. Dapprima si è cercato di mettere pose tali da non affaticare la persona/statua, poi con vari suggerimenti degli altri sono state messe in pose particolari e ci sono rimaste per molti minuti. La parte finale era di noi scultori che camminavamo nel museo ammirando le nostre opere.
Nella condivisione seguente sono saltate fuori numerose tematiche, impressioni, sensazioni. Una ha colpito Jacopo che ci ha fatto notare che sembravano statue di cera perché non li si vedeva respirare. E’ vero ed è stata una cosa istintiva grazie anche agli esercizi precedenti. Ci ha spiegato che la tecnica prevede una respirazione lenta usando varie parti del corpo. Una cosa che non sapevo è che ad esempio le ballerine di danza classica respirano “con la schiena” perché il davanti deve restare fermo e impettito. Dovrò imparare anche io questa tecnica dato che ormai ho imparato numerose tecniche di respirazioni quali: di pancia, di petto, pelvico, di schiena, di testa… con il naso, solo la narice sinistra, con la bocca… a seconda se devo fare Yoga, Pilates, Doppiaggio, Lettura, Interpretazione teatrale, Parlare al microfono.

Mancava un esercizio e circa mezz’ora e mi sono sentita sovraccaricata di cose, emozioni, tecniche, condivisione, armonia con gli altri e non so se avrei retto ancora. Per fortuna l’esercizio è stato “facile”, molto fisico e poco di ragionamento mente/corpo. In breve la tecnica del mimo che fa finta di essere davanti a una vetrata, lui si muove, ma le sue mani rimangono ferme nel punto dove fa finta di poggiarle sul vetro. Non siamo stati così bravi, ma ho imparato a tenere fermo in un punto una parte del corpo e muovermi attorno. L’ultima variante è stata di farlo a coppie dove una persona teneva ferma la bacchetta a mezz’aria e noi con la mano dovevamo fare l’esercizio. Siccome eravamo dispari mi è toccato fare l’esercizio con l’insegnante che quando è stato il suo turno mi ha aperto un mondo ruotando la mano, usando le singole dita ed emettendo dei rumori tipo un meccanismo. Dal mio punto di vista l’esercizio, prima con le mie prove sembrava quasi banale.

Non ci sono stati i soliti saluti e via subito ognuno per i fatti suoi. Prima del termine abbiamo fatto la foto di gruppo e per fortuna ho il mio Apple Watch che fa da telecomando dello smartphone, così ci siamo stati tutti insieme.
Uno degli scatti era di fare con la mano la propria iniziale del nome e rivedendole…ero così presa da coordinare tutti e il telecomando che ho fatto la lettera “A” invece della lettera “B”…ops.
Abbiamo assaltato il tiramisù portato dalla mamma di J-po, mentre ci scambiavamo le ultime impressioni, i numeri di telefono per futuri contatti e battute varie sulla giornata.
Poi sono arrivati davvero i saluti con abbracci, tranne una ragazza che ha scoperto che ha i brividi con il contatto fisico. Giornata super intensa, ho conosciuto persone incredibili e di spessore spirituale, approfondito la conoscenza con alcuni miei ex compagni di corso che ha rafforzato i nostri legami.
Questi laboratori creano spesso un’unione con persone mai viste prima e dopo ti sembra di averle conosciute da tanto tempo. In realtà a me non capita spesso, capita sempre, e forse sono davvero io che tirando fuori empatia ed energia con me si avvicinano e si aprono a loro volta.
Jacopo “Che piacere immenso lavorare insieme ieri, sei una persona molto autentica e coraggiosa e ti metti in gioco.
”