Oggi quarta sessione di danza terapia e meditazione. Oggi ho indossato vari strati e una maglietta lunga, in modo da non lasciare scoperto il fondoschiena come settimana scorsa, inoltre la primavera si avvicina e non ho messo il giubbotto pesante.
Oggi credo di aver avuto una risposta sul perché amo danzare e forse anche la maggior parte delle donne ha questo piacere.
Mentre il treno si dirigeva a Milano Lambrate, ho continuato a leggere uno dei libri di psicologia in lingua inglese: quello sull’Analisi Transazionale (AT). Il capitolo che ho letto, descrive le varie parti del nostro cervello e come si relazionano tra loro. Noi pensiamo di essere una persona con una mente unica, ma in realtà abbiamo diverse aree che collaborano, valutano, e alcune impediscono di farci del male con azioni incoscienti. La parte interessante è sul “Child Ego State, la parte bambina che abbiamo dentro, quella irresponsabile, che si lascia andare, che si entusiasma, che si diverte. Molto spesso intervengono le altre parti del nostro cervello (Parent ego) che la bloccano oppure la calmano, altrimenti non arriveremo vivi all’indomani.
Utilizzando alcol e droghe, inibiamo le parti che la controllano e sembra sia uno dei motivi per cui molte persone assumono droga e alcool per “lo sballo”. Oggi invece noi abbiamo il ballo.
Dopo aver fatto la lezione di oggi, ho abbinato questa cosa: la danza terapia è più in generale nella danza, riusciamo volontariamente a mettere in pausa le altre parti del nostro cervello (es: parent ego) e quando ci riusciamo, c’è solo la parte bambina che si diverte spensierata e utilizza il corpo in libertà. Le donne ci riescono più facilmente rispetto agli uomini, sarà per questo che ci sono pochi uomini a danzare?.

La sessione. Susi ci ha introdotte all’argomento di oggi, che è una specie di eco della “giornata internazionale della donna” che si è svolta ieri, tra l’altro lei è stata solo con uomini, io quasi solo con donne (tante).
Ha scelto di cambiare la modalità solita e ci ha proposto una cosa particolare, che mi è piaciuta davvero tanto. Adoro le sorprese e sperimentare cose nuove.
La tematica ovviamente è l’essere donna. Ha scelto quattro caratteristiche tra le innumerevoli, e in ognuna abbiamo abbinato una danza: la forza, la gentilezza, l’ironia, lo stare con le altre. Per quest’ultima ognuna ha avuto un’eccezione diversa con altre parole come condivisione, empatia, attenzione e ascolto. Qualcuna ha suggerito anche la seduzione.
Come le altre volte, Susi ci ha mostrato un esempio di quello che potevamo fare. In seguito tutte insieme, oppure a piccoli gruppi, abbiamo danzato libere da condizionamenti. Ognuna fa come si sente e ho visto che quasi nessuna copia quello che ha fatto Susi e neppure le altre.

Nell’interpretare la forza, il pensiero è andato ovviamente al mio lato maschile. La parte di me che, dopo l’inizio del percorso di transizione di genere, avevo rifiutato il più possibile. Nel tempo trascorso da allora, la forza fisica è diminuita e anche la sensazione di grande forza muscolare, i maschi si sentono come se fossero l’incredibile Hulk.
Nella mia transizione, ho dovuto imparare a muovere il mio corpo in maniera più aggraziata, appreso come camminare da donna, praticamente abbandonare la postura che ho tenuto per cinquant’anni: sono davvero rinata. Se questo esercizio lo facesse un uomo, probabilmente assumerà atteggiamenti di postura aggressiva, scimmiesca, e anche di usare i muscoli del viso per intimidire.
Mi è venuto il pensiero su come fare per esprimere forza insieme alla dolcezza del movimento femminile. In realtà non ci ho ragionato molto, mi sono lasciata andare e ho scoperto che nei miei movimenti, più che visualizzare la forza la trattenevo. A volte scendevo al suolo, la raccoglievo da terra per lanciarla nello spazio. E’ stata un’esperienza molto particolare e, se l’avessi fatta anche solo due anni fa, non credo che ci sarei riuscita con l’accettazione di me stessa.

Anche oggi c’era un oggetto come compagno di danza, stavolta abbiamo estratto da una cesta un foulard colorato. Ognuna ne ha una scelta uno, ho cercato di non prendere uno dei colori che ho già con i miei foulard/pashmine: un violetto con i fiori.
La danza sulla gentilezza era basata sul prenderci cura del foulard e giocarci, era la seconda cosa più importante di noi in quel momento.
Quando era avvolto, mi si è attivato lo spirito di maternità, che ho da quando ho iniziato a prendere gli ormoni. Quando vedo dei bambini piccoli sento una tenerezza nel cuore. Nel danzare ho aperto il foulard e cominciato a giocarci con la stessa cura di tenere un bimbo.
Quando siamo arrivate alla parte sull’ironia, Susi si è comportata quasi come un clown da Circo e molto giocosa nei movimenti esagerati. Ho pensato che la maggior parte delle donne che ho conosciuto, non hanno molto senso dell’ironia, credo che siano troppo concentrate su se stesse, sulla famiglia, sulle loro attività. Per fortuna ne ho conosciute anche altre che sanno cos’è l’ironia, ma la maggior parte sono anche artiste, facendo teatro, danza.
La musica, ovviamente, era molto ritmata, quasi da circo e ci siamo divertite a giocare con i foulard. Elena mi ha stupita, perché ha avvolto il foulard come se fosse una codina oppure l’ha messo in testa come un cappello buffo. Mi ha aperto un mondo su come utilizzare gli oggetti di scena e non fare sempre le solite cose.
L’esercizio seguente fatto in coppia, era sulla presenza dell’altra, osservare, assecondare e percepirla. Ho fatto coppia con Susanna, che forse è una di quelle più matte e bambine, mi sono divertita tantissimo regredendo allo stato di gioco puro, abbiamo cominciato a muoverci molto velocemente, incrociandoci, scambiandoci il foulard, rubandocelo con il sorriso.
L’ultima parte non è stata una danza agitata, ma un movimento lento e dovevamo dare un degno saluto al nostro foulard per poi riporlo, con dolcezza, nella cesta.
Una cosa che hanno detto, che mi ha colpita molto, è stata che una delle caratteristiche delle donne è l’abbandono amorevole, come ad esempio i figli che quando sono grandi se ne vanno di casa.
Da quando vivo al femminile, invece ho perso la voglia di possedere oggetti, vedo tutto transitorio. Ho rivalutato invece le presenze umane, ma anche quando le perdo non sento la sensazione di dolore e perdita totale che sconcerta.
Forse perché ho abbandonato, amorevolmente, tantissime cose del mio passato maschile. All’inizio del percorso ho cercato di distruggerle, ovviamente non ha funzionato e quando mi sono accettata a tenere entrambe le mie parti in un nuovo essere, ho conservato quello che ritengo sia utile per la nuova me stessa e compreso che è tutto transitorio nella vita.

Nella meditazione finale, a grande inchiesta, abbiamo rifatto il “Body Scan””. È una meditazione che si fa da sdraiati, immobili, e la guida ci indica di percepire le sensazioni del corpo. Purtroppo ti viene da visualizzare la parte del corpo, ma per fortuna, Elena ce lo ricordava spesso e ci riportava ad ascoltarci.
Curiosamente ho percepito tutto il corpo, tranne il naso e la fronte, lì proprio non riuscivo a sentire nulla. Diamo per scontato che esistono molte parti del nostro corpo, ma sembra siano presenti solo quando le tocchiamo oppure quando ci guardiamo allo specchio.
Eravamo tutte estremamente rilassate e io, che in questo periodo sono tornata ad avere quella calma interiore che era un anno che l’avevo persa, ero in pace con me stessa e con il mondo.