Nel prossimo gennaio a conclusione del “Progetto T.R.A.N.S.” verranno pubblicati in volume gli interventi dei giuristi, avvocati che hanno partecipato alle discussioni. Ci sarà anche un mio commento “visto da dentro” e che tratta delle conseguenze nel mondo reale di queste leggi e sentenze.
Essendo un testo universitario ho dovuto fare delle ricerche approfondite per le citazioni di quanto ho scritto nel testo. Mi sono resa conto che non esiste un sito dove sono raccolte e ho deciso di pubblicare nel blog quali sono, i rimandi al testo originale e un mio commento.
Prima del 1982 le “persone transessuali” non esistevano giuridicamente addirittura era illegale per una persona trans, andare in giro in abiti femminili, pena l’arresto. Numerose attiviste all’epoca venivano arrestate quando manifestavano.
La legge 164/1982 (apri testo originale), in soli sette articoli, definisce l’esistenza delle “persone transessuali” e norma la modifica di nome, genere e autorizzazione ad effettuare le operazioni chirurgiche necessarie.
L’articolo n.3 cita “Il tribunale, quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, lo autorizza con sentenza. In tal caso il tribunale, accertata la effettuazione del trattamento autorizzato, dispone la rettificazione in camera di consiglio
”.
Solo pochi anni dopo è intervenuta la corte costituzionale con la sentenza n.161/85 (apri testo originale) a fare chiarezza su questo articolo che era stato considerato troppo generico. Inoltre definisce che in caso di coppie sposate, dopo il cambio di sesso di uno dei due componenti, il matrimonio è sciolto in automatico e per attendere l’esistenza delle unioni civili si dovranno attendere anni. Oggi automaticamente viene sciolto il matrimonio eterosessuale e trasformato in unione civile da sentenza del giudice.
La Legge 164/1982 è stata modificata dal D. Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, al punto 39 (apri testo originale), “...in forza del quale il soggetto intenzionato a sottoporsi al trattamento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali dovrà instaurare, per il tramite del proprio legale di fiducia ed innanzi al tribunale del luogo di residenza, una causa ordinaria volta ad ottenere l’autorizzazione all’intervento.
”.
Una volta accertato l’avvenuto trattamento medico – chirurgico per la riconversione del sesso, il tribunale adito disporrà il cambiamento di stato anagrafico, in forza del quale i documenti d’identità verranno modificati per sesso e nome
Il risvolto pratico era che per cambiare nome era obbligatorio operarsi e va ricordato che le tecniche di allora, erano sperimentali e rischiose per la sopravvivenza del paziente. Se una persona trans non poteva, oppure non voleva sottoporsi agli interventi, non aveva modo di rettificare il nome e genere.
Un’ulteriore sentenza della Corte Costituzionale avviene con la sentenza n.221/2015 (apri testo originale) e risolve il grave problema. Citando la legge originale n.164/82 viene rilevato che la dicitura “Quando risulta necessario…
” deve essere considerata come “…consentire che il trattamento medico-chirurgico sia solo eventuale
”, quindi “…la scelta della persona transessuale e non un obbligo da parte dello stato e quindi riassegnazione chirurgica dei caratteri sessuali, costituirebbe una grave ed inammissibile limitazione del diritto all’identità di genere
”.
Da allora viene fatta una richiesta in tribunale detta “Richiesta congiunta” che chiede il cambio di nome, di genere e l’autorizzazione a eventuali operazioni chirurgiche. In linea generale gli avvocati la propongono sempre, in quanto le tempistiche dei tribunali sono estremamente lente.
Questa liberalizzazione con la scelta di decidere se e quando operarsi ha portato all’aumento di persone transgender a fare coming-out e intraprendere la rettifica dei documenti. La popolazione trans non è aumentata (uno studio americano ha stimato che circa 1% della popolazione mondiale è trans, valore che include le persone non-binary), ma la riduzione della complessità giuridica ha dato coraggio e nel frattempo la società civile è cambiata. Anche il numero delle persone non binarie ha subito lo stesso aumento, anche se non viene chiesta la rettifica degli attributi genitali, ma solo rimozione del seno per le persone nate AFAB. (Apri articolo dello studio, in lingua Inglese).
Un’ulteriore sentenza della Corte Costituzionale, n.180/2017 (apri testo originale) conferma la n.221/2015 e aggiunge alcune chiarificazioni, tra cui ammette giuridicamente l’esistenza dell’Identità di Genere: “…si osserva che il dato fondamentale non è più il sesso biologico o anagrafico, ma il genere, definito quale «variabile socio-culturale». Laddove vi sia una «percezione» soggettiva di non coincidenza tra il genere assegnato alla nascita e il genere cui la persona acquista la consapevolezza di appartenere, tale mutamento opera sul piano dell’identità di genere
”.
Infine l’ultima pronuncia in tema della Corte Costituzionale n.143/2024 (apri testo originale) definisce l’esistenza di un terzo genere definito “non binario”, rimandando al legislatore ogni decisione a riguardo. Inoltre rileva che non è più indispensabile fare la “richiesta congiunta” in quanto il giudice dopo avere valutato il caso e osserva che “…a patto che sia completata la transizione è implicita l'autorizzazione a eventuali operazioni chirurgiche
”.
Questo però è in contrasto con l’articolo n.5 del Codice Civile (apri testo originale) che cita “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando
cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica”, ma che però sono stati modificati con la legge n.164/82 “Il tribunale,
quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da
realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, lo autorizza con
sentenza
”.
Legislativamente è tutto coerente, ma non tiene conto delle normative in materia di sanità dove è indicato il rispetto dei protocolli nazionali definiti dall’ Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere (ONIG) che non sono aggiornati secondo l’ICD-11 (apri sito) e che ribadiscono che l’articolo 5 della Costituzione è ancora in vigore.