Stamattina sono andata dalla psicologa all’ospedale Niguarda per fare la penultima seduta prima di ottenere il tanto agognato certificato per procedere al cambio anagrafico e di genere. Prima di partire da casa ho fatto la doccia e ho lavato i capelli tentando un’altra volta di dargli una pettinatura decente e femminile utilizzando il ferro. Ogni volta mi esce leggermente meglio, ma dopo qualche ora i capelli iniziano a sparare da tutte le parti nonostante che anche questa volta ho pure messo anche la lacca. Non sempre metto la lacca perché prima, dopo la maschera per capelli già metto uno spray alla cheratina, poi uno lisciante e infine il termo protettore che evita che il caldo del ferro rovini i capelli (lo uso a temperatura bassa 160 gradi, ma comunque non gli fa bene).

Mentre attendevo all’ingresso della corsia dentro l’ospedale, ho notato che c’erano due ragazzi trans, tranquilli e che tranne l’altezza erano perfettamente maschili e una donna trans che invece “spiccava per il cattivo gusto“. Infatti indossava una sciarpa e un cappellino di colori che non stavano bene insieme, oltre che un cappotto che non si vedeva in giro dagli anni ’70 (quello beige). Doveva ritirare un qualche documento e devo dire che non faceva una bella impressione. Non si capiva se era gay, la voce era quella da checca, un attore estroso vestito da donna o una fuoriuscita dal circo. Se lo scopo di una persona trans è quello di integrarsi e di essere una vera donna, invisibile per evitare la transfobia, il conciarsi in quel modo non mi è sembrato il caso. Comunque ognuno fa il suo percorso. Alcune amiche quando andiamo sull’argomento abiti e transfobia mi dicono sempre che io sono “talmente normale” che è per quello che mi accettano tutti anche quando non sono “figa“, così ben vestita (ai trekking) o truccata da diva.

Dopo alcuni minuti la psicologa è uscita in corsia facendomi cenno di entrare. Una volta che ci siamo accomodate le ho raccontato tutto quello che è successo nell’ultimo mese. Leggi gli articoli arretrati del blog se vuoi sapere tutto anche te. Anche questa volta ho fatto un sacco di cose che mi stupisco sempre come riesco a resistere fisicamente.
L’unica domanda utile che mi ha fatto la psicologa, il cui compito è valutarmi per la relazione e non per supporto psicologico, era sul fatto che dopo aver incontrato mia mamma, il non essere andata alla comunione di mia nipotina mi pesava lo stesso. Pensandoci la risposta è no, in quanto il risultato più grande è stato rivedere mia mamma e che ha azzerato qualunque altra cosa nei miei pensieri in quei giorni.
Dopo 50 minuti, finito il mio racconto, mi ha fatto un riassunto veloce delle cose che ha capito sulla mia persona e transizione. Sono dati che le serviranno per scrivere la relazione da dare al giudice. Ha però indicato che non mi sentivo a posto sin da bambino, ma l’ho corretta perché in realtà ho cominciato a pensare e travestirmi all’età di 12 anni, e anni dopo a capire che non mi sentivo a mio agio nella figura maschile che mi imponeva la società. Quindi è corretto indicare l’adolescenza come punto di inizio. Tra l’altro negli anni ‘60 e nei primi anni ‘70, non c’era nessun tipo di informazione sulle persone trans e quindi anche se avessi avuto qualche tendenza non avrei saputo dargli un nome. C’era qualche checca e qualche attore in TV travestito, addirittura parlare di lesbiche era impossibile e sembrava che non ce ne fossero, almeno in provincia.
Salutata la psicologa sono tornata all’auto e questa volta non ho mangiato la piadina all’interno dell’ospedale perché era troppo presto, erano solo le undici di mattina. Allora mi sono diretta verso casa fermandomi a fare benzina, un salto dal negozio di abbigliamento dei cinesi e infine da Tigotà dove sono riuscita a spendere 30€ di prodotti. Se penso che ero entrata per comprare uno smalto per le unghie visto che quelli che ho sono tutti vecchi e dopo qualche giorno cominciano a perdere i pezzi seccandosi. Sono donna al 100% in fatto di shopping.
Ero indecisa se mangiare qualcosa a casa oppure mangiare fuori e alla fine ho deciso di mangiare fuori. Sono andata in un ristorante qui vicino dove a mezzogiorno si spende poco e si mangia bene. Ho preso un primo e un secondo, perché costa solo tre euro in più e dato che probabilmente stasera mangerò poco in quanto uscirò a fare pilates dopo il lavoro ed è meglio non appesantirsi.
Mi sentivo al femminile dopo il tempo passato in ospedale, ma la ragazza l’ingresso mi riporta subito con i piedi per terra quando mi chiede “solo ?”
. Ho la mascherina che mi copre mezzo volto, i capelli lunghi, le unghie smaltate, un bel vestitino con la gonna e stivaletti con il tacco. Dove diavolo ha visto la mia parte maschile?

Quando mi sono accomodata all’interno è arrivata un’altra ragazza che mi ha portato il menu e anche lei mi ha chiesto una cosa al maschile, però lei si è corretta subito al femminile… Due che sbagliano in poco tempo non è un errore e dovrò capire che cosa hanno visto in me per darmi del maschile. Forse il mio movimento. Da qualche giorno non mi sembra di muovermi più al femminile come prima, ma dato che non me ne rendevo conto, anche adesso non capisco bene.
Sono un po’ di giorni che mi sembra di aver fatto qualche passo indietro e sto cercando di rimettere insieme i pezzi, soprattutto per la camminata e il movimento delle braccia.
Vedremo questa sera dopo il lavoro quando andrò a fare pilates in che versione sarò.

A lezione eravamo solo io e Carlotta, meglio poche ma buone. Anche questa volta la lezione mi ha aiutata a migliorare la fluidità del corpo ed è proprio questa che mi è mancata questa settimana. Non ne sono sicura, ma anche l’insegnante Silvia, all’inizio ha usato un plurale maschile rivolgendosi a noi, ma per il resto della lezione ha parlato al femminile (leggi in fondo per il retroscena).
Oggi è stata una giornata storta come donna trans con il misgender, oppure forse mi ci voleva come lezione per non adagiarmi sulla normalità di tutti i giorni.

Tre giorni dopo, Sabato 30.
Sono le ore 16:00 e sono fuori da un supermercato in attesa di Silvia, la mia insegnante di pilates. Fuori c’è una leggera pioggerella e mi riparo sotto una tettoia.
Finalmente arriva e ci accomodiamo nel mini bar che è anche una sala da tè e ordiniamo due infusi e due paste.

Mentre aspettiamo i dieci minuti di infusione inizio a raccontare alcune cose di me. L’incontro al di fuori della palestra di Pilates, dove in realtà non ci si parla di cose personali, serve perché vuole conoscermi per come sono e parlare di un progetto. Sono curiosa di scoprire quale sia.
Mi chiede se può registrare, nessun problema. Non sa bene a cosa le servirà. Penso sia l’unica registrazione audio della mia storia, magari per i posteri sarà importantissima.
Inizia chiedendomi di parlare di come ero prima. Introduco che molte donne trans cancellano il passato, foto comprese. Se sono come sono adesso è comunque una evoluzione del mio passato.
Non le dico che mi sembra di parlare dei ricordi di un’altro, un tizio che conoscevo.
Parlo quasi solo io per due ore e mezzo. Silvia ogni tanto pone domande, fa delle considerazioni e mi racconta il retroscena della mia iscrizione al suo corso di pilates. Mi sono sempre chiesta se avevano capito che sono una donna trans e se non importava. Esatto per entrambe: non importava.
Era nel dubbio comunque quando mi ha vista, ma ha avuto una conferma per via delle mie spalle ampie. Le prime volte indossavo degli slip contenitivi e non si vedeva il pisello.
Ripensandoci più tardi , parlare di me è stata una cosa catartica che mi ha permesso di riordinare alcuni ricordi e considerazioni. In particolare è stato rendermi conto che sono passati solo due anni dal coming out. Mi sembra trascorsa una vita. C’è anche la cosa del travestimento che non faccio più e ricordo che era divertente farmi i servizi fotografici in casa vestita in abiti sexy. Non mi trucco nemmeno così tanto e forse non so se adesso riuscirei a cambiare volto e espressione così tanto.
Le parlo della voce, ma finché non le faccio ascoltare, su sua richiesta, la mia vecchia voce maschile non si rende conto del cambiamento. Non ha paragoni perché appunto non ha conosciuto Gerardo.
Alla fine siamo uscite solo perché il bar stava chiudendo! Un abbraccio e l’invito a continuare la nostra conversazione.
Ecco cosa ricordo delle cose che mi ha detto, non le parole esatte, ma il senso era quello:
“Da quando ti ho conosciuta mi hai cambiato la visione del tipo di persone che fanno pilates. Vorrei fare corsi più inclusivi in ambiente accogliente e protetto.
”
Lo so, faccio sempre quell’effetto e ispiro al cambiare le cose.
“Ti guardavo mentre raccontavi. In alcuni momenti ti vedevo al maschile e in altri al femminile.
“
Pensandoci mentre ho scritto il post mi spiego molte cose di questi giorni e di quando mi fanno il misgender, devo essere una persona non binaria oltre che trans. Queste oscillazioni speravo fossero terminate.
“La prima volta Lucia, la proprietaria del centro benessere, mi ha detto “guarda che sabato verrà una persona trans”. Come ti sei sentita?
“
Ero a mio agio completamente, sei stata bravissima.
“Quando ti ho vista la settimana dopo ho capito che il mio comportamento era corretto.
“
“Cerco sempre di fare attenzione con le parole. Ho sbagliato una volta sola con te la grammatica, te ne sei accorta?
“
Sì, quel giorno è successo altre volte, non so cosa avessi, ma è come se avessi proiettato il maschile al di fuori di me.
“Come ti trovi con le altre del corso?
“
Benissimo, ogni tanto osservo le loro pose per imparare, ma in genere mi godo la lezione.
“A settembre ho notato che ti è cresciuto il seno, quando hai iniziato a giugno non c’era.
”
Si, sta crescendo bene da quel mese.
“Mi hai stupita quando a un certo punto a Luglio tenevi solo il top senza vergogna e timore anche se si vedeva la pancetta
”
Per fortuna sta sparendo.
“Che rapporto hai con i tuoi organi sessuali?
“
Segue spiegazione che comunque sto bene tranne quando devo masturbarmi che poi mi sento strana tutto il giorno.
“Hai questa naturalezza a parlare anche di queste cose
”
Come ti ho detto “niente più filtri nella mia vita”

Poi ci siamo messaggiate e le ho inviato alcune mie fotografie significative e di Gerardo.
“Effettivamente sono rimasta abbastanza scioccata di tutte le foto che mi hai mandato, in particolare la foto della persona che eri in passato ed è impressionante come cambi quando ti trasformi.
”
Sì è stata una bella chiacchierata e volutamente hai parlato di più tu, perché avevo voglia di conoscerti un po' più a fondo. Spero che ci saranno altri momenti di condivisione, perché mi piace ascoltare le storie delle persone che incontro nella mia vita, e non è un caso se ad un certo punto delle nostre vite ci siamo incontrate
Grazie ancora per questo bel momento passato insieme ti auguro una buona serata e un buon weekend