Oggi terzo giorno in presenza al lavoro a Milano. Faccio fatica ad alzarmi perché dalle sei non ho dormito, forse avevo timore di non alzarmi in tempo, cosa che faccio tutte le mattine. A metà notte ho anche messo la sveglia per tranquillizzare il mio inconscio.
Dopo essermi preparata mi guardo allo specchio e vedo una donna. Ieri proprio non è mi andata molto bene con il passing.
Arrivata alla stazione dei treni di Treviglio, noto che c’è il solito ritardo che diverrà di venti minuti all’arrivo alla Stazione Centrale. Su un viaggio di venti minuti diventa il doppio del tempo! Viva i pendolari e i mezzi pubblici.
Quindi arriverò a Milano Centrale “solo” mezz’ora prima dell’inizio dell’orario di lavoro e farò colazione con calma e magari un breve giro in libreria.
Giornata “normale” di lavoro, un paio di errori di Grammatica verso di me, ma ci sta. Quando lavoro al computer smetto di essere Bianca e mi annullo in qualcosa di indefinito, mentre quando socializziamo con i colleghi esce la vera me, voce inclusa.
A pranzo abbiamo provato una trattoria che avevamo visto la volta scorsa e nonostante i prezzi bassi per la zona, rispetto ai concorrenti, abbiamo mangiato bene. Da parte mi ho preso il piatto unico con penne, zafferano e zucchine e in aggiunta come secondo spezzatino al sugo. Questa sera se il treno è in orario avrò il tempo per mangiare una piadina, altrimenti salterò la cena. Ho il corso di teatro che durerà tre ore.
Mi piace sempre lavorare in gruppo, però non è più una novità andare al lavoro come donna e le altre due volte avevo più entusiasmo.
Ora sono sul treno e fa molto caldo. Anche in ufficio avevano acceso il riscaldamento e abbiamo aperto le finestre perché non si può spegnere. La prossima volta dovrò aumentare i vestiti a cipolla, oppure mi porterò un cambio!
Treno in leggero ritardo e cena con piadina. Sono abbastanza stanca, il ritorno in treno ti stanca sempre troppo. Da bere ho ordinato una coca cola sperando nella caffeina per tirarmi un po’ su.
La lezione inizia facendoci danzare come le ballerine di musica classica, anche perché i compagni di corso arrivano alla spicciolata. Con i movimenti mi sento leggermente rigida, come di legno e noto che uno dei ragazzi giovani ha un movimento fluido e probabilmente ho fatto danza classica. Cerco di osservarlo e imparare alcuni movimenti copiandoli.
Quando finalmente ci siamo tutti Max dice ci sono due maestri di danza ai lati della stanza e che devono improvvisare dei movimenti. Tutti gli altri devono scegliere di volta in volta in quale dei due maestri seguire mettendosi di fronte e copiando i suoi movimenti. A turno facciamo tutti i maestri e devo dire che quando è toccato me, ho avuto un buon numero di “studenti” davanti, anche perché ho fatto dei movimenti facili dando loro tempo di copiarmi, cosa che altri non hanno fatto.
In alcuni momenti i maestri con più successo erano quelli che facevano movimenti lenti oppure la sdraiati a terra perché ci siamo stancati non poco. Dato che ero molto sudata mi sono tolta la maglietta da danza e sono rimasta con la sola canottiera nera. Il colore era in tema perché quasi tutte le persone soprattutto le ragazze questa sera erano vestite di nero.Abbiamo poi eseguito dei movimenti camminando in giro per la stanza con delle varianti rispetto alle altre lezioni e quindi ci siamo seduti.
Max ci ha detto di pensare a un momento della nostra infanzia di quando ci siamo sentiti realizzati o particolarmente felici in qualche cosa. Ci penso, ma ho un vuoto di memoria senza che mi venga in mente nulla. Alla fine ho scelto due ricordi di cui non sono sicura che siano successi lo stesso giorno. Uno di quando è nata mia sorella e l’altro di quando in prima elementare ho partecipato a un concorso di disegno presso la biblioteca e ho vinto una targa. Avevo sei anni, anzi li aveva Gerardino.
Dopo avere raccontato ognuno il suo pensierino o ricordo a turno, abbiamo iniziato a muoverci nello spazio cercando di evocare e mimare quello che avevamo raccontato e volendo anche utilizzando la voce con singole frasi. Oltre al nostro ricordo poi se vedevamo negli altri qualcosa di interessante potevamo aggregarci e aiutarli e fare delle piccole scene corali insieme. E’ stato molto interessante soprattutto quando mi sono fermata in mezzo alla stanza e ho urlato “evviva ho vinto il primo premio”, tutti sono scoppiati in un applauso spontaneo e simultaneo. Max mi ha detto di continuare l’interazione e allora ho cercato di fare la bambina che fai saltini sul posto felice e molto eccitata.
Nell’ultima parte della lezione abbiamo ripreso le frasi di libro che avevamo scelto la volta scorsa. Ovviamente le persone nuove hanno selezionato una loro nuova frase, coloro che stasera non c’era sono stati tolti dall’ordine e quindi abbiamo cercato di imbastire un inizio di spettacolo. Abbiamo creato una storia assurda, ma che ascoltandola sembrava avere un senso anche se le frasi erano tutte slegate tra di loro.
Il nostro meraviglioso spettacolo intitolato “Sogno di un plagio di mezzo autunno“
Mancavano poche settimane al suo compleanno e lui desiderava tanto la bicicletta nuova.
So’ madre era morta da picca e lui stava accasa di so’ zio che era maritato, ma non aveva figli.
Percepì che stava per succedere qualcosa di drammatico, di crudele.
Il corvo giaceva a lato del sentiero, le piume dai riflessi violacei in disordine e il becco spalancato.
Si alzò e si vesti nella pallida luce dell’alba. Uscì dal dormitorio senza svegliare Ron e scese nella sala comune deserta.
Ho vissuto lì per 12 anni e ne avevo 18 quando a un certo punto decisi che non ne potevo più e me ne andai.
I ragazzi del cassonetto! Vietato ridere. Non è colpa di nessuno se ci ritroviamo sempre davanti allo stesso cassonetto ed è per questo che ci definiamo “così”.
Vans si alzò tardi. La sera prima lo avevo accompagnato alla rivista, senza capire quel suo strano desiderio nei riguardi di uno spettacolo che aveva sempre detestato.
Copenaghen, 11 Novembre 1855. Una pioggerellina dolce, ma al contempo un po’ fastidiosa stuzzicava una città ancora assonnata.
“Mi sdraio in mezzo alla strada e faccio finta di essere morto. “Disse. “Quando le auto si fermano tu attraversi veloce. Poi mi alzo e passo io.”
E’ bello sapere che là fuori esistono gli dei dell’antica Grecia. Perché è qualcuno da incolpare quando le cose vanno storte.
Quella notte vedo un fantasma. Non so se usare la parola “fantasma” sia giusto, ma sono sicuro che non si tratti di un essere vivente dotato di un corpo fisico.
Itamar pensa “la lepre è un’animale molto pericoloso”. Gli passano per la testa anche pensieri come questo. “La lepre è un’animale grande come l’elefante e ha denti per tutto il corpo, perfino sulla coda”.
“Sì, cioè. Ci sono due modi di prendere quello che hai detto, ma io voglio prenderlo nel modo buono. Sono fatto così”
Alla fine Max ha anche ripreso la “prova generale“. Ho atteso il pomeriggio dopo per guardarmi il video perché con tutte le menate che mi sono fatta in questa settimana di sentirmi poco fluida e con il misgender al maschile, avevo paura di avere conferma dei miei timori guardandomi nel video. In realtà sono estremamente femminile in tutti momenti, compresi quelli di mettermi a terra o sdraiarmi e rialzarmi. Anche la voce quando ho letto la mia frase non era poi così male.
Probabilmente la giornata di lavoro e poi questa cosa di gruppo mi hanno ritirata su. Alle 23:10 abbiamo terminato la lezione e sono andata a casa stanca morta. Ero sveglia dalle sette della mattina. E’ stata una cosa dura per il mio fisico, però felice di aver fatto oggi il lavoro in gruppo e il teatro.
PS: il mattino dopo ero un ameba.