Manca un mese all’operazione. Sembrava non arrivare mai. Da qualche giorno, nei gruppi Facebook dedicati a noi persone transgender, sono comparsi i messaggi di chi sta per operarsi o si è appena operato. Deve essere un segno.
Nel gruppo italiano c’è un’altra ragazza che ha scritto che tra pochi giorni farà il colloquio online con il chirurgo. Le ho inviato i miei appunti, basati sui racconti delle ultime tre donne trans italiane che si sono operate lì a Madrid.
Ho dato un’occhiata veloce al documento, più che altro per capire se fosse quello giusto, ma mi ha risvegliato qualcosa dentro. Dopo tanta attesa — cinque anni dall’inizio del percorso, cinque mesi dalla prenotazione in clinica — sta iniziando a diventare reale.
Ho anche un po’ d’ansia, perché non l’ho ancora detto a mamma e a mia sorella. Negli ultimi due mesi non c’è mai stata un’occasione per stare tranquille insieme, ma adesso è arrivato il momento di renderle partecipi. Spero che capiscano.
Quando racconto dell’operazione, le persone sono felici per me, ma tutte mi chiedono se ho paura. Non so quale sarà la reazione della mia famiglia: credo che saranno un po’ preoccupate, ma spero che comprendano e sostengano quella che è una mia scelta.

Nella vita facciamo sempre delle scelte, ma la maggior parte delle volte sono dettate dalle circostanze: la scuola, gli amici, le compagnie, il lavoro. Ripensando alla mia vita, sono sempre state decisioni di sopravvivenza; ho potuto scegliere davvero solo un paio di volte. Una fu quando affrontai il lavoro come partita IVA, nel secolo scorso, quando non era un problema lavorare come professionista. Tutto il resto è stato un adeguarmi alla società. Da giovane non ci pensavo davvero, tranne quando mi travestivo di nascosto in casa.
Quando ho iniziato il mio percorso di affermazione di genere, sei anni fa, ho potuto finalmente fare scelte personali. Finora è andata bene: perché non dovrebbe continuare?
Sono ottimista per natura, anche se ho imparato a essere realistica e molto pratica. Quest’ultimo è un tratto che sto cercando di mantenere nel mio essere donna.
Sono preparata psicologicamente e, per quanto riguarda le cose ordinarie, ad affrontare quella che sarà la mia prima operazione chirurgica. Non avendo mai avuto problemi di salute — ho sempre avuto un fisico di ferro — mi manca l’esperienza diretta, ma è inutile preoccuparmi di cose che forse non succederanno mai. Il futuro può essee immaginato, ma non lo sarà. Questa è un’ottima filosofia che si impara con la meditazione: vivere il presente.
Ma davvero ci riesco a non pensarci?
Di solito no. Qualche pensiero mi arriva durante le mie camminate, quando non ho la musica nelle cuffie a distrarmi. In quei momenti mi immagino delle scene, ma quando me ne accorgo lascio andare i pensieri. È giusto elaborare la cosa, ma non bisogna lasciarsi trascinare in zone oscure dove non si vuole stare.
Avanti tutta.
Simplified Summary
Manca un mese alla mia operazione: dopo cinque anni di percorso e cinque mesi dalla prenotazione, sta diventando reale. Ho ancora ansia perché non l’ho detto a mia mamma e a mia sorella, ma presto dovrò coinvolgerle. Le persone a cui lo racconto sono felici per me, anche se chiedono sempre se non ho paura. Ripensando alla mia vita, mi accorgo che spesso ho agito per sopravvivenza; questa volta, invece, è una scelta mia. Sono ottimista e preparata, anche se sarà la mia prima operazione: inutile preoccuparsi di ciò che non si sa se accadrà. La meditazione mi aiuta a vivere il presente e a lasciar andare i pensieri oscuri: avanti tutta.