Mi sono svegliata alle 7:30, ha fatto le mia routine mattutina: dilatazione, pipì, lavaggio con il doccino, asciugatura e cambio degli assorbenti (che per fortuna non hanno quasi più sangue).
Credo di iniziare a stare meglio, perché vuoi iniziato a pensare come riempire la giornata.
Dopo la telefonata con mamma, interrotta giusto per andare in bagno a fare la cacca (finalmente, dato che ieri non ci sono andata), ho chiamato alcune amiche cercando di immaginare quelle, il cui lavoro permettesse di parlarmi al mattino.
Ci sono riuscita e ho fatto una lunga chiacchierata con Marta. Ho delle amiche meravigliose e con ognuna e escono fuori cose nuove e suggerimenti sul mio nuovo stato sessuale, con loro si parla un po’ di tutto, ma adesso riesco a parlare di certi argomenti vaginali con cognizione di causa.
Una cosa che Marta mi ha detto, riguardo al video che ho messo ieri su Facebook: è la normalità in cui mi presento e affronto tematiche che spesso sono ancora un tabù, come parlare di dilatatori, lo stato della mia neo vagina e che è un passo che va deciso con cognizione di causa.
L’altra cosa che l’ha colpita è, il raccontare che, dopo l’operazione, sei ancora te stessa a livello mentale, non c’è quella fantastica gioia di avere finalmente una patata in mezzo alle gambe, ci vuole molto tempo per rendersene conto e cominciare a conoscerla. Lo scopo del mio video infatti è quello di non incentivare a operarsi, ma pensarci veramente bene.
Tutta questa conversazione l’ho fatta da sdraiata sul letto, con la patata al vento. Alla fine mi sentivo più riposata e più sveglia, così sono uscita per andare al parco che si trova a circa un chilometro.
Prima di uscire, sono riuscita a fare “la pipì preventiva”, ci mancherebbe solo di farmela sotto al parco!

Camminando, super lentamente, ho osservato le persone in strada, le poche auto che circolano nella via. Sono entrata nel cancello del parco e ho cercato una panchina che fosse al sole, ne sento tanto il bisogno. Ce ne era una dove il sole era di spalle e me la sono fatta andare bene. Ho gonfiato la ciambella (poggiatesta usata sotto il sedere) e ho cercato di sedermi, ma ero scomodissima e sentivo dolori, così mi sono messa quasi sdraiata. Per fortuna la panchina aveva una specie di schienale adatto a me per questa mia condizione.
Mi sono goduta il sole per una decina di minuti il sole e poi ho provato a chiamare qualche altra amica, più che altro per descrivere la situazione di tranquillità. Vicino c’erano anche dei tipi che giocavano a bocce.
Eiena “Perdonami! Ho visto la chiamata ma non ce l’ho fatta a richiamare.”
Ho finito adesso un incontro di filosofia e sono fusa.
Comunque sei sta forte, sei riuscita a controllare la tua parte emotiva che è un esercizio molto difficile!! E direi che adesso è proprio giusto liberarla.
Io sto lavorando molto con la filosofia e con la spiritualità. Entrambe i percorsi mi stanno donando un grande benessere interiore!
È sempre tutto dentro di noi
Al telefono ha risposto la mia amica Cristina, abbiamo parlato un po’ di cose, (con ognuna racconto cose diverse oppure utilizzo parole diverse, odio ripetermi). Mi ha detto che ride molto degli ultimi messaggi che invio con la lista broadcast su WhatsApp (novanta persone), le sembra il bollettino che facevano delle condizioni del Papa quando era ricoverato in ospedale.
Una cosa che lei ha notato è che parlo di quello che ho fatto, ma non parlo dei miei sentimenti e delle emozioni.
In effetti è vero, è anche perché fino a pochi giorni fa, il mio obiettivo principale era stare bene, guarire, fare tutto quello che mi hanno detto di fare, non potevo permettermi un crollo psicologico ed emotivo.

“La capacità di stare soli è la condizione prima per la capacità d'amare.”
E. Fromm, “L’arte di amare”
Da qualche giorno sto ricominciando a tornare ad essere me stessa: quella empatica ed emotiva. Però le sue parole mi hanno aiutata a capire meglio questa mia situazione e, nella camminata di ritorno a casa, credo che la mia emotività si sia attivata e parecchio: essere una donna che cammina tranquilla in una strada spagnola, e mi sono commossa.
Il tutto viene interrotto ogni tanto da un dolorino, una piccola fitta alla vagina, che mi ricorda perché sono qui.
Una cosa su cui ho ragionato è che, stando qui da sola, l’emotività positiva è più difficile da sentire, mentre è molto più facile lasciarsi andare su pianti e cose negative.
Quando si è sole, è più difficile darsi una pacca sulla spalla di incoraggiamento (però io ogni sera prima di andare a dormire, mi do un abbraccio).
Parlare con le mie amiche, mi fa stare veramente bene e ognuna mi carica di qualche cosa. Io ascolto tutte le idee e i suggerimenti, magari non dico che li applico subito, ma ci ragiono sopra e, quasi sempre, poi utilizzo le loro informazioni. Questa “mia missione a Madrid” (detta anche scherzosamente Missione Dea) è stata realizzata anche col contributo di almeno cinquanta persone: un bel team!
A piccoli passi sono rientrata a casa, abbastanza stanca e affamata: buon segno anche questo.
Terminato il giro dell’isolato, mi sono diretta verso un altro minimarket, però questo ha molto meno assortimento di quello sotto casa, ma i prezzi sono molto più bassi.
Nel fare il giro ho cercato di attingere alla parte di me, quella emotiva, come suggerito dalla mia amica Cristina, solo che stando da sola riesco solo a provare una pace interiore e sentirmi viva, non mi è arrivato altro. Forse qualcosina quando sono passata a fianco al parco giochi, che era pieno zeppo di bambini che urlavano (istinto di mamma per via delgi ormoni).
Simplified Summary
Mi sono svegliata presto e ho fatto la mia routine post-operatoria, notando che il recupero procede bene. Dopo una telefonata con mamma e finalmente una “missione intestinale” riuscita, ho parlato a lungo con Marta: mi ha fatto riflettere su quanto sia importante raccontare la realtà dell’intervento, senza idealizzarla. Poi, con la “patata al vento”, mi sono riposata e sono uscita per una camminata lenta fino al parco, cercando il sole e un po’ di normalità. Al telefono, Cristina mi ha fatto notare che nei miei racconti descrivo molto i fatti ma poco le emozioni. Ho capito che sto ritrovando la mia parte più empatica e mi sono anche commossa nel sentirmi finalmente una donna che cammina libera per strada. Le amiche mi danno forza, anche a distanza, e questa “Missione Dea” è frutto del sostegno di tante persone. Tornando a casa, tra stanchezza e fame, ho sentito di essere davvero viva.
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