Oggi è domenica, credo di stare tornando ai miei ritmi abituali milanesi, e volevo rimanere a letto, ma mi sono dovuta alzare alle 7:30 per cambiare il pannolino e assumere alcuni farmaci. Sono ritornata a letto per un’ora, senza dormire e ascoltando la musica, mi era rimasta la voglia di rimanere a letto a poltrire, cosa che non provavo da tanti anni.
Ho fatto la mia routine mattutina di pulizia che dura quaranta minuti e quindi ho preparato la colazione.
Il resto della mattina l’ho trascorso sul letto, seminuda là sotto che guarisce prima, e telefonando a mamma e due mie amiche.
Con ognuna di esse ho affrontato vari argomenti e con le mie amiche, poi sono andata molto in dettaglio sulle operazioni di pulizia della mia neo-vagina.
In realtà ne ho visto l’interno solo l’altro ieri mattina, quando ho iniziato a fare le dilatazioni rilassata sul letto. Ho visto le labbra della vagina aprirsi e mostrare l’interno con la carne rosa.
È stato un misto di sorpresa e di emozione, per fortuna non di schifo, anche se guardandola meglio in questo momento non è il massimo.
Rispetto alle altre emozioni che pensavo di provare, questa è quella su cui sto rimuginando da due giorni, la vedo e mi sento normale, come se ci fosse sempre stata.

Con la seconda amica al telefono, che è un’infermiera, abbiamo parlato anche di alcune cose più tecniche: lei poi ha visto dei video dell’operazione chirurgica, cosa che volutamente ho evitato di fare. Ho puntato sull’ignoranza a riguardo, fidarmi del chirurgo che ho potuto scegliere, e imparare passo passo.
Le ho chiesto alcune cose, che però mi serviranno tra due mesi quando sarò guarita, su come fare la pulizia quotidiana della vagina.
Ho già acquistato il Saugella3 (consigliato da un’amica trans operata), che è una specie di Chilly più neutro e antibatterico. Il dubbio che mi è venuto ieri è stato: come inserirlo nel canale vaginale? Ho visto su Internet che ci sono delle specie di perette, oppure delle siringhe senza ago, ma lei mi ha detto che devo usare quella che serve a fare la “lavanda vaginale”, che ha tanti buchi e irrora tutto. Più avanti ho scoperto che si chiama “doccia vaginale” quella che mi serve.
Domani chiederò dettagli alla dottoressa quando mi visiterà.
Altre idee che mi ha dato, è stato di fare una specie di diario di quanto bevo ogni giorno e quanta pipì faccio, all’incirca. Mi potrà aiutare a capire per quanto tempo posso tenere la pipì e quando andare in bagno, che è una delle cose che, una volta ho tolto il catetere, dovrò imparare a capire.
La vescica è la stessa di prima, ma stimolo e percorso sono differenti,
Tornando alle emozioni, la prima amica mi ha chiesto come ho fatto a resistere dodici giorni da sola, in queste condizioni.
Una volta arrivata qui a Madrid, ero in versione “segretaria organizzata”: ogni dettaglio studiato, programmato ed eseguito. Speravo che andasse tutto come si deve e non c’era posto per emozioni, pensieri negativi, e quant’altro potesse distrarmi. Non potevo permettermi cadute di umore, depressione, solitudine.
Come fare?
Questa capacità di essere molto pragmatica l’ho tirata fuori dal mio sé maschile del passato, quello prima che iniziasse il mio percorso. Ero una persona molto sola, misogina forse, ma lavorativamente super organizzata.
Quella mia caratteristica l’avevo lasciata lì, in sottofondo e che mi è tornata utile adesso per questa cosa importante.
Durante il periodo in ospedale e nei primi giorni, ero in modalità sopravvivenza: dovevo star bene, dovevo guarire e avere solo pensieri positivi. Nessun panico e nessuna emozione: tutto sotto controllo.

Finalmente, iniziando a guarire, e svanendo gli effetti dell’anestesia e di quant’altro mi hanno iniettato, ho iniziato a tornare ad essere me stessa: la Bianca precisa ma anche molto emotiva ed empatica.
Giovedì scorso, ho ascoltato un po’ di musica su Spotify, e a un certo punto sono andata ad ascoltare dei brani di quando avevo intorno ai vent’anni. Si dice che la musica di quel periodo è quella che ti rimane dentro tutta la vita, ci sono dei brani che mi hanno sempre emozionata e commossa. Solo che lasciavo andare queste emozioni solo in privato, quando ero da sola.
So che sono strana a dirlo, ma a un certo punto ho messo la sigla di Capitan Harlock, brano che mi è sempre entrato diretto nel cuore, e mi sono messa a piangere di gioia. E’ come se mi fossi data una pacca amorevole sulla spalla.
Ho ascoltato anche altri brani che per un po’ mi hanno tenuto in questo umore di emozione, commozione e lacrime.
Negli ultimi giorni, queste emozioni arrivano ogni tanto, devo ancora tenere duro, pensare positivo e guarire, ma finalmente posso lasciarmi andare se sento di farlo.
Tutto questo mi ha tenuta in piedi, insieme alle telefonate con la mia famiglia e con le mie amiche care. L’appartamento ha fatto molto, è bello ed è come essere a casa e non mi sono mai sentita sola, mè sperduta a dover affrontare qualcosa di veramente enorme.
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