«Capita ad un certo punto della vita che il tuo corpo diventa una prigione e tu tenti in tutti i modi di scappare, di lottare, di evadere ma non esiste modo per liberarti fino a quando trovi la chiave giusta che ti apre la porta della tua prigione e ti regala la libertà; quella chiave si chiama accettazione. Accettazioni di cicatrici, accettazioni di gambe troppo magre, di pancia troppo grossa, accettazione di un corpo che non sembra più nemmeno il tuo ma quella chiave è la stessa che regalerà una forza che non pensavi nemmeno di avere e ti farà vedere sempre e comunque bellissima
.» (Chiara Russo)
Ogni qualvolta rivedo il video e arrivo circa a metà, inizio a commuovermi e a piangere di gioia, capita sempre anche se l’ho visto già una ventina di volte. L’ho fatto vedere nei vari gruppi che frequento (pilates, meditazione) e questa mattina anche alle ragazze del workout di danza. Ho notato che rimangono con gli occhi aperti spalancati, fissi, quasi non sbattono le palpebre per non perdersi un attimo. Quando finisce vedo alcune che si asciugano gli occhi, hanno pianto di commozione anche loro.
«Libertà è un progetto che mette al centro il mio corpo, il mio essere. Mette al centro il rapporto tra corpo e carrozzina. Voglio imparare a muovermi in questo corpo, cercando di rispettare chi ero e chi sono. Una danza libera che non si vergogna del suo corpo e della sua carrozzina. Voglio uscire dalla mia bolla di insicurezza. Voglio ballare! Con questo progetto voglio far esprimere il mio corpo nella sua totalità, voglio che il mio corpo viva in una dimensione che lo renda libero senza limiti. Voglio creare curiosità negli occhi del coreografo, voglio che il coreografo si lasci trasportare anche lui dalle mie capacità motorie 'eliminando' i miei limiti fisici e soprattutto mentali che mi tengono 'chiusa'.
» Katherine Teran
La musica è commovente di suo (Elisa e Sangiorgi – Ti vorrei sollevare), ma per come lo abbiamo realizzato e montato ti arriva diritto al cuore. E’ successo sempre, tranne con un paio paio di mariti che l’hanno visto insieme alle mogli, uomini che pensano solo al calcio in TV, già dopo un minuto si erano distratti. Non so se davvero non gli interessa oppure hanno ricevuto la mia stessa educazione, che dice che è un uomo non deve mostrare troppo i sentimenti, non deve piangere e non mostrare debolezze. Tutte cazzate!
Nel video ognuna ha inserito dei messaggi disposti su vari livelli, cercando di metterci il suo essere, il suo vissuto. Quasi sempre dopo il suggerimento di qualcuna, le altre dicevano che stavano per dirlo loro, eravamo in sintonia perfetta. Infine, il fotografo Fernando, che ha fatto ripresa e montaggio ci ha messo del suo attraverso i suoi occhi dando una sua interpretazione.
Tutte queste cose insieme hanno creato un video armonico dove ognuno guardandolo percepisce un pezzettino, qualcosa che è dentro di sé e che vede riflesso oppure che gli risveglia qualcosa dentro.
Che cos’è per te il corpo?
«Con la danza il corpo assume un significato più particolare, intenso e poi soprattutto, in questo tuo lavoro per la tesi che stiamo facendo insieme, ci dimostra come ogni singola cellula del nostro corpo ha una sua propria energia e come nella danza, infatti, non occorre fare grandi cose o grandi salti ma si può ballare anche da ferma muovendo un dito.
» Giuliana Cucco.
A parte l’emozione nel prepararlo e realizzarlo, quando l’ho visto per la prima volta ci sono state alcuni inquadrature che sono state un bel colpo al cuore e inattese.
Le quattro inquadrature finali con le braccia di Katherin e Giuliana che si uniscono e rimangono collegate è un grande finale e che mi risveglia qualcosa dentro al cuore.
Ogni tanto viene mostrata in primo piano la ruota della carrozzina e pochi secondo dopo si vedono i miei piedi che danzano. Il collegamento dentro di me è stato automatico carrozzina-piedi-movimento libero, ho scoperto che non solo io a vedere questa cosa.
Un’altra cosa che mi è piaciuta è che non sembro “grande e enorme”, solo più alta e femminile nel fisico. I miei movimenti sono risultati aggraziati e in linea con le altre due mie compagne di coreografia.
Ad un certo punto si vede la mia mano che si muove e ho visto una mano molto femminile nonostante non ho le unghie lunghe. Facendo danza sto imparando a muovermi in maniera più dolce e aggraziata, c’è moltissimo studio (dopo aver imparato i passi mi concentro solo sui movimenti delle braccia) e ho ancora tanto da imparare e per fortuna inizio a vedere dei risultati.
E’ ora alcune riflessioni sulle persone transgender. Alla tematica del corpo e del cambiamento soprattutto con la terapia ormonale sostitutiva (TOS) dove c’è un cambiamento del fisico, seppure lento, ma costante nel tempo per le donne trans, mentre è molto più rapido per gli uomini trans che nel giro di soli sei mesi circa hanno un aumento della muscolatura e cresce pelo e barba.
La domanda che si è posta Katherin è su come si percepisce un cambiamento del proprio corpo, nel suo caso dopo un incidente e la lenta ripresa grazie alle cure; nel caso di una persona transgender il cambiamento dovuto alla TOS e importanti come le operazioni chirurgiche. Alcune parti del corpo, come lo scheletro e le spalle grandi di noi donne trans, si possono solo accettare, lo stesso per i piedi, che per fortuna io ho il numero 41.
La maggior parte delle donne transgender che ho conosciuto, durante questo cambiamento iniziano ad avere un portamento differente, iniziano a muoversi e camminare in modo diverso e questo è un importante cambiamento del proprio corpo e non sono i tacchi alti a farlo né a fare una donna. Ogni mese vedo il mio seno crescere di poco e riempirsi, lo sento davvero mio e forse ho paura di fare la mastoplastica additiva (seni di silicone) per timore di non sentirlo più mio.
Questa sera allo spettacolo delle DragQueen in teatro, mentre si parlava con i conoscenti e il pubblico si accomodava, c’era una donna transgender. A fare le DragQueen sono davvero pochissime le persone trans e sebbene la gente fa confusione tra le cose, quella è un’attività artistica e non un modo di essere. Ognuna ha un suo percorso e può anche non fare tutte le cose che altre ritengono necessarie, ma mi ha fatto strano vederla muoversi ancora al maschile, parlare con una tonalità da uomo con una voce monotono.
La maggior parte affronta la transizione come una decostruzione del corpo e una ricostruzione in una modalità differente, sia con gli ormoni, sia con le operazioni chirurgiche, ma soprattutto vivendo nel genere in cui ci si sente di essere che cambia comportamento e modo di muoversi.
C’è un odio e un amore per il proprio corpo, da qui anche il termine di “disforia di genere”, che indicava una patologia prima psichiatrica (1990), poi psicologica (2010) e adesso è “solo” un disturbo della sessualità. In realtà è una “dissociazione cognitiva” dove ci sono alcune cose in contrasto tra loro: il fisico, il modo di pensare, l’abbigliamento e il modo di presentarsi agli altri.
Odio è quando la “disforia” è davvero forte, alcune persone trans non riescono nemmeno a toccarsi i genitali per lavarsi, figurarsi poi il guardarsi allo specchio, spesso cercano di nascondere con gli abiti il proprio corpo.
Amore è quando cominci a vedere dei risultati che somigli al genere in cui ti senti di appartenere. Tra questi due stadi c’è l’accettazione di se stessi, che è la parte psicologica più difficile nei giovani e molto di meno se hai iniziato il percorso a più di quarant’anni; in questo caso hai più pazienza e meno aspettative immediate.
Nel video ho interpretato la parte oscura e ho cercato di attingere a quella che ho dentro, in special modo a come mi sentivo in passato dovendo fingere di essere un uomo e tenere nascosto chi ero in realtà. L’atteggiamento sospettoso l’ho preso in parte di altre persone transgender che ho conosciuto, frequentando l’associazione e il gruppo di mutuo aiuto. Agli inizi di un percorso si cerca di dividere tra noi: persone transgender e tutti gli altri, soprattutto medici e psicologi, come se fossero il nemico. È una caratteristica caratteristica umana quella di etichettare e semplificare le cose. Questo capita anche a noi persone trangender quando ne incontriamo altre e spesso si innesca una sorta di competizione, nella nostra testa, per cercare di capire chi è più avanti in questo percorso che non è una gara, ma è difficile passarci sopra.
Studiando queste cose e informandomi su testi di psicologia, riesco a tenere a bada certi pensieri, ma nel sottofondo dei miei pensieri arrivano lo stesso. E’ la mia parte oscura che cerca di proteggermi, ma in realtà se le do’ ascolto mi fa del male.
Frequentando varie attività che non hanno nulla a che fare sulla tematica transgender e affrontando altri temi della società, che in parte ora mi toccano direttamente come la violenza di genere; ho deciso di cambiare l’etichetta con cui mi presento passando da “Divulgatrice tematiche transgender” a “Divulgatrice sulle diversità“. E’ un campo molto più ampio in cui sento di riuscire a dare il mio contributo.
Il mio percorso di affermazione di genere che è anche un percorso di vita, un pezzo alla volta mi sta portando in una direzione dove posso fornire il mio supporto, le mie conoscenze e capacità, in aiuto delle altre persone. Sensibilizzare su numerosi problemi e tematiche della società, che so già che non potrò risolvere, ma potrò far pensare alla gente che essendo più consapevole forse ci aiuterà a creare una società migliore.
Ringrazio me stessa per riuscire a darmi delle opportunità che mi danno tanto, ringrazio di cuore chi ha condiviso questa esperienza: Giuliana, Katherin e Fernando. Spero che questo meraviglioso progetto possa essere usato in futuro come esempio di come poter affrontare le diversità e che il bello degli esseri umani è che siamo simili, ma ognuno è diverso nel suo personalissimo e meraviglioso modo.