Dato che mi chiamo Bianca alla fine ha vinto quella di colore bianco, ma non è questo il punto dell’articolo, ma fare alcune riflessioni su come ci vediamo allo specchio e da fuori nelle fotografie.
Sto’ leggendo un libro su come crearsi la propria dieta, anzi il regime alimentare personale che ci consenta di rimanere in salute, senza eccedere con il peso, il tutto senza dover lottare con rinunce e con la bilancia. In realtà non è facile, ma nel libro emergono alcuni temi che sono molto simili a come affrontiamo la transizione e che secondo me possono far riflettere.
Obiettivi:
“Piuttosto che fissarvi degli obiettivi, assumete abitudini che conserverete per tutta la vita. Gli obiettivi, spiegano gli psicologi, sono di ostacolo alla felicità. Ci diciamo: «Una volta raggiunto il mio scopo sarò felice e potrò finalmente rilassarmi». Ma gli obiettivi sono come i conflitti, degli aut aut: o il raggiungete o fallite. Ecco che il sistema "il metodo prima di tutto" vi fornisce l'antidoto: non aspettate di arrivare al vostro peso forma per essere felici, ma siate felici mentre lo raggiungete. Numerosi maratoneti si allenano per mesi, ma appena terminata la competizione smettono di farlo. Non c
‘è più la gara a motivarli, così tornano alla quotidianità di prima. Dimenticatevi quindi l'obiettivo e concentratevi sul processo. Poco importa come pensate di farlo: il solo modo per farcela è migliorarvi, un giorno dopo l'altro. Il risultato, invece, arriverà da sé. Gli obiettivi sono ottimi per darsi una direzione, ma per fare progressi è meglio avere un metodo. Ogni abitudine, per quanto appaia insignificante, per quanto migliori solo di un centesimo la vostra quotidianità, è come un atomo: combinata con altre, vi condurrà a grandi cambiamenti.
“
L’altra sera ho fatto un’aperitivo con un’amica trans, ci siamo scambiate un sacco di impressioni e notizie varie. Uno degli argomenti riguardava gli abiti e che ad esempio una canotta con ampio scollo ci fa vedere una donna, mentre una con girocollo ci dia un’immagine più maschile, cosa che ovviamente non ci piace. Forse però questa differenza di pochi centimetri in un capo di abbigliamento la vediamo solo noi. Da parte mia ho ancora qualche difficoltà a indossare delle t-shirt non scollate, quando le indosso sento mancare il respiro. Se però è una t-shirt tecnica, tipo quelle di Decathlon e di colore fucsia non ho questo effetto.
Un’altro tema è stato quello di vedersi allo specchio e confrontarsi. Nel libro si parla di una donna anoressica e una leggermente sovrappeso. Mostrate a entrambe le fotografie la donna anoressica si vedeva più grassa di quella sovrappeso. Mi ha dato da pensare a come ci vediamo di fronte a uno specchio e sicuramente non vediamo la realtà se abbiamo delle cose da risolvere.
All’inizio della mia transizione ero convinta di avere delle spalle enormi e anche se mi dicevano che non erano così grandi e a seconda degli abiti che indossavo erano spalle femminili robuste. Ora ho ancora qualche problema nel vedermi di profilo dove vedo ancora troppe cose che mi ricordano il mio se’ maschile.
A fine serata, poco prima di salutarci, Roberta mi ha fatto una domanda che sarà oggetto di discussione alla nostra prossima apericena: “mi piacerebbe recuperare qualcosa del maschile di prima, tu come fai?
“
Come persone transgender abbiamo all’inizio la negazione di tutto ciò che ci ricorda il passato, alcune distruggono tutte le fotografie e quant’altro sia legato a quando vivevano al maschile. Altre smettono di fare le attività ritenute troppo maschili: sparare al poligono, guidare dei kart, fare pugilato, smontare un motore di auto, fare lavori in casa di idraulica e aggiustare cose.
Trascorsi due anni dal coming-out ci si accorge che non c’è motivo di negare attività e cose che se ci piacevano prima, perché non continuare a farle? Si scopre che farle al femminile è diverso, ma comunque appagante. Altre cose hanno perso il valore come ad esempio per me, leggere alcuni generi di fumetti che ora mi sembrano violenti e inutili. Ma va bene così, la vita è evoluzione e cambiamento.
La mia psicologa, ogni volta che vado lei, una delle prime domande che mi fa è “ricordo che non negavi il tuo passato maschile, è ancora così?
“, già dal coming-out avevo capito che la persona che ero prima ero comunque io, anche se non mi piacevo per come ero fisicamente, cosa indossavo e “dovevo” tenere dei comportamenti da maschio che non sentivo miei. Anche adesso rimango di questa opinione anche se è cambiato il rapporto con la mia vita precedente e alcuni ricordi stanno svanendo, quelli che non avevano abbinata una qualche emozione. Guardando le fotografie vedo un tizio che conoscevo e ho molti dei suoi ricordi.
Credo che recuperare parte del passato che si è sepolto e dimenticato non sia semplice. La risposta che ho dato a Roberta è stata che se alcune cose ci piacevano in passato si può provarle di nuovo e verificare se ci piacciono ancora.
Una mia amica che mi ha rivista “dal vivo” dopo due anni, mi ha detto che durante la giornata trascorsa insieme a un trekking, ogni tanto ho delle movenze e modi “maschili” in determinate occasioni e contesti. Quei modi però non le sembrano in contrasto per come mi vede, anzi ogni donna ha dei lati maschili e che secondo molte “sei più donna di me
“.
Quindi perché ho acquistato la giacca di colore bianco?
Mi sono resa conto che non possiedo abiti femminili “formali” come ad esempio una giacca, capo di abbigliamento tipicamente maschile, che prima mettevo solo al lavoro quando andavo ai congressi medici. Rimane, come per la t-shirt, un abbigliamento che mi ricorda il passato, anzi mi vedo più grossa e più maschile.
Approfittando degli ultimi ribassi dei saldi sono andata in un centro commerciale a provare dei capi, anche per sfuggire al caldo assurdo di questi giorni. La cosa bella di questi negozi è che puoi provare e giocare con numerosi capi e lasciarli nel camerino se non vanno bene.
Tra l’altro ho dei problemi di taglia, ora porto una misura “L” da donna, ma che può essere una 46 oppure una 48 sempre da donna (come uomo portavo la 52 e la 54 quando avevo preso peso), poi ho le spalle importanti (non grosse), quindi a volte vado in camerino con due abiti uguali di taglie diverse per vedere in quale entro.
Queste giacche hanno attirato la mia attenzione e soprattutto il colore: una nera e l’altra bianco latte. Le ho indossate e mi sono guardata nello specchio della stanza che era distante e mi vedevo a figura intera, stavo bene con entrambe. A fianco delle giacche c’erano anche delle camicie da donna di vari colori e ho provato degli abbinamenti di colore, mettendole vicino. Vista da lontano stavo bene con qualsiasi cosa, così sono andata nel camerino con le giacche e tre camicette di colori diversi.
Ho indossato ogni camicetta e giacca facendomi dei selfie con il cellulare, l’esperimento era di vedere le foto alla fine e vedermi “da fuori”, lontana dalla trappola degli specchi giganti presenti nel camerino dove sembrava che tutto mi andasse splendidamente. Tra l’altro tre camicette apparentemente uguali avevano le maniche diverse.
Il rivedersi ‘dopo’ è anche una delle tecniche che uso per il blog, molte foto sono pubblicate per vanità lo ammetto, ma tante di esse mi servono per vedermi da fuori mesi dopo, anche anni. Il testo del blog aggiunge il contesto alla mera immagine e mi ha aiutata a vedermi “per davvero” come ero e non come mi sentivo e vedevo filtrandoci le mie paturnie mentali.
Nelle foto ho visto alcuni abbinamenti di colore che non funzionavano, ma soprattutto indossando la giacca nera vedevo la me stessa maschile e provavo una sensazione di disagio. Sensazione che ho ancora indossando dei pantaloni che potrebbero essere anche maschili.
Alla fine ho scelto la giacca bianca, l’ho indossata e mi sono vista anche con gli specchi dei camerini di fronte così da vedermi “da lontano”, peccato che nessuna delle camicette mi ha convinto.
In un altro negozio però ho trovato con ottimi prezzi una canotta nera da tenere sotto la giacca, che è uno dei miei capi di abbigliamento femminile da sempre desiderati, ma che non avevo ancora potuto indossare; e una maglietta azzurra, colore che fino a qualche mese fa mi ricordava anche qui il blu maschile di quasi tutti gli abiti da uomo.
Il giorno dopo, di mattina presto, prima che arrivasse il caldo, ho provato a completare l’outfit con altri abiti che ho nell’armadio (sempre più pieno) e l’effetto generale mi è piaciuto molto: una donna elegante che si sente a proprio agio e che forse era meglio darsi una pettinata prima di fare le prove, anche se il capello “libero” è piaciuto molto ad alcune mie amiche.