La mia associazione transgender ACET ha aderito a questo corso gratuito organizzato da Ri-scatti ONLUS, un’associazione di volontariato che attraverso la fotografia realizza progetti per promuovere l’integrazione sociale e sensibilizzando l’opinione pubblica sui valori della solidarietà. Al corso seguirà una mostra che sarà aperta tutto il mese di ottobre (dal 7 ottobre al 6 novembre presso il PAC Padiglione Arte Contemporanea, MM Palestro) e si propone di raccontare la vita, le esperienze, la quotidianità delle Persone Transgender attraverso l’arte della fotografia. Durante la mostra saranno vendute riproduzioni di alcune delle fotografie della mostra, il catalogo e alcune opere opportunamente incorniciate saranno messe all’asta.
Questa associazione negli anni scorsi ha trattato temi importanti come le persone nelle carceri, bulimia e anoressia, bullismo ed altre tematiche. Quest’anno è il turno di noi persone trans.
Come si vede dal blog adoro fare fotografie anche se raramente mi capita di provare a fare degli scatti artistici e particolari. Fino ad ora ho documentato la mia transizione e la vita recente piena di impegni e incontri. Ho aderito al primo incontro più che altro perché sono la persona che ha raccolto le adesioni e mi sembrava poco carino non essere presente.
I coordinatori del progetto sono dei fotografi professionisti e ci hanno raccontato il progetto che è molto più interessante di quello che immaginavo, tanto che parteciperò attivamente. Ci forniranno qualche informazione sulla tecnica della fotografia, ma il progetto verte sull’immagine scattata e non sulla qualità tecnica. Inoltre ci hanno fornito in prestito delle macchine fotografiche. Al principio pensavo di usare la mia Fujifilm semi-professionale, ma mi sono resa conto che è troppo ingombrante per questo progetto dove dobbiamo portarci in giro la macchina per qualsiasi idea ci venga in mente: per strada, al lavoro, dove capita. Così ho preso anche io una macchina che pesa poco e ha un’ottica notevole.
La prima settimana era dedicata a imparare ad usare la macchina fotografica, ma da parte mia ho giocato molto sul non fare delle foto perfette, ma di emozione e spesso scattate come se non fossi consapevole che il timer sarebbe scattato di lì a poco. Molte delle foto sono uscite mosse, altre troppo scure, alcune completamente bianche. Più che altro ho cercato di capire cosa voglio fotografare di me stessa e della mia transizione, quanto informare e quanto emozionare.
Ci hanno anche detto che se lo vogliamo, durante l’esposizione della mostra, potremo condurre delle visite guidate con il pubblico e lo farò senz’altro anche se l’idea sarebbe quella di non dover spiegare quello che i visitatori vedranno nelle fotografie, ma forse raccontare aneddoti e informazioni sulla nostra vita e relativa transizione può essere di aiuto.
Nelle foto di prova che ho pubblicato in questa pagina ho optato per un minimo di spiegazione.
Al secondo incontro siamo entrati nel vivo del corso, i fotografi hanno caricato sul computer i nostri scatti, li abbiamo visionati uno per uno e commentati insieme. Ognuno ha cercato di raccontare cosa voleva mettere in evidenza in ogni scatto, una volta compreso se l’idea era visibile nella fotografia ci hanno dato delle suggestioni per proseguire per ottenere foto ancora più di impatto. I curatori sono rimasti sorpresi dalle idee e qualità che abbiamo mostrato loro dopo solo una settimana di prove e devo dire che anche io sono rimasta sorpresa.
Una persona non binary che fa l’architetto ha mostrato scorci della propria cameretta, tinte piatte e oggetti parziali quali l’intersezione dei muri del soffitto, lo stipite della porta con una luce. La pulizia dei colori è stata notevole.
Una ragazza trans ha mostrato la sua libreria piena di Manga (fumetti Giapponesi) e ho scherzato che quella è la mia libreria di casa, che in effetti somiglia molto anche perché contiene quasi gli stessi titoli. Ha mostrato oggetti che ha realizzato tra cui dadi per giochi di ruolo e mi ha tirato fuori la persona nerd che ero in passato.
Un uomo trans ha solo fotografato suo fratello, la sua compagna e il suo cane. Il solo non rende l’idea della scelta delle inquadrature e della nitidezza degli scatti.
Infine è toccato alle mie fotografie dove non c’era un idea continua, ma tante suggestioni. Dai commenti e dalle fotografie che sono piaciute ho scoperto un mondo di ombre e luci, nonché dell’effetto che possono avere fotografie di dettagli e oggetti.
Lo scatto piaciuto molto è questo con gli stivaletti controluce, qualcuno ha visto la tenda abbassata a metà come una metafora della chiusura al mondo, rimanendo a casa nel mio ambiente protetto.
Nei giorni seguenti ho cercato di fare fotografie con sagome, luci, ombre nette e quant’altro che racconti un’emozione, una storia. Nella gita a Stresa ho fatto alcuni scatti, ma soprattutto mi sono fatta fare delle fotografie vedendomi da fuori, non importa chi ha premuto il clic della macchina fotografica se ha scattato su mie indicazioni.
Tornata a casa da Stresa mentre mi accingevo a fare la doccia ho visto un sole rosso tramontare e sparando la sua luce proprio nel mio bagno, così ho fatto alcuni scatti sfruttando la luce rossastra che arrivava di taglio. L’idea era di mostrarmi nuda nella parte alta e soprattutto il seno cresciuto naturalmente, forse evidenziando anche le spalle che hanno perso muscolatura e sono molto femminili. Il messaggio non so bene quale sia tranne che noi donne trans non siamo prostitute, non siamo donne facili che cercano uomini da scopare e non cerchiamo di diventare delle barbie, almeno non la maggior parte.
Dagli esempi delle mostre precedenti mi ha colpito molto il mostrare gli oggetti della persona in forma piatta, come se fosse un catalogo. Ho fatto delle prove cercando di capire quali oggetti mi rappresentano nel mio quotidiano: pennelli, il make-up, rossetti, spazzole.
Ho montato un faretto di luci che avevo comprato due anni fa e dopo questi scatti di prova monterò lo schermo gigante (che sarebbe per il green screen) con sfondo bianco oppure nero, ho ben tre teli larghi tre metri. Rifarò gli scatti in modo più professionale cercando di controllare meglio l’illuminazione.
Questo corso si ricollega al lavoro che ho fatto ed è tutt’ora in corso con la mia amica e fotografa Maia (vedi articolo del blog, e altro articolo) che consiste nell’autoritratto fotografico, nel capire chi sono davvero e come mi voglio ritrarre, senza pose con scatti che sembrano naturali e presi quasi a mia insaputa. In entrambi ho imparato molto su come fare fotografie e con questo corso sto facendo un ulteriore passo in avanti nel guardarmi dentro, capire cosa è importante per me in questo momento e renderlo per immagini.
Maia “Sono felice per il percorso fotografico che hai intrapreso. La fotografia è un strumento validissimo alla costruzione dell’immagine identitária
”.