Questa mattina sono andata a donare il sangue (AVIS), ma è successa una cosa che me stava impedendo: mi si è squarciato una gomma dell’automobile. Non ho capito come ha fatto, ma si è proprio consumata e forata di lato in più punti, proprio mentre stavo andando all’ospedale di Caravaggio.
Come maschio, in passato mi era capitato di dover cambiare la gomma, quindi so come si fa e nel bagagliaio ho sempre gli attrezzi giusti.
Se avessi chiamato il carro attrezzi, questi sarebbe arrivato dopo almeno mezz’ora e avrei saltato l’appuntamento della donazione.
Con un grande disappunto per il problema, ma da persona ex-maschile dove si risolvono le cose al posto di lamentarsi, prendo il cric e dopo averlo posizionato, comincio a girare la manovella per sollevare l’auto. Sorpresa! Non ho più la forza fisica per farlo! Non c’è stato verso di girare quella manovella.
Metto via tutto e decido di rischiare tornando indietro e andando pianissimo. Devo fare meno di un chilometro per lasciarla all’officina più vicina, ma si ferma un furgone ed alla guida un signore giovane (di provenienza dal Marocco, come scoprirò dopo) che mi chiede se mi può aiutare a cambiare la gomma. Accetto volentieri, pensando che forse riuscirò arrivare in tempo all’ospedale. Gli fornisco tutti gli attrezzi e nel giro di cinque minuti mi cambia la ruota. È stato davvero gentile. Ho pensato che se fossi stato “al maschile” nessuno si sarebbe fermato ad aiutarmi , probabilmente.
Gli ho chiesto il nome e l’ho ringraziato guardando gli occhi e lui mi ha detto che fa il fruttivendolo ed ha un negozio a Treviglio dove andrò sicuramente a trovarlo, se non altro per dirgli che sono poi riuscita a fare la donazione di sangue. Se poi la frutta sarà fresca avrà una nuova cliente. Sembra che questa cosa della positività che io cerco di dare agli altri mi stia davvero tornando indietro nel momento del bisogno. Inoltre la mia donazione di sangue aiuterà a sua volta qualcun altro.
Riparto e arrivo giusto due minuti prima che chiamino le persone!
Faccio la visita preliminare, che consiste in un pungi-dito con un piccolo prelievo di sangue e poi mi viene misurata la pressione che nel mio “nuovo stato normale” é molto bassa: 106/60. Si campa più a lungo…dicono i medici.
Aspetto che mi chiamino nella stanza dove ti fa la donazione e penso alla mia prima donazione fatta tre anni fa, al maschile. Nonostante alcune incertezze al termine mi ero sentito veramente bene per aver fatto una cosa importante. Ho ripensato alla mia prima donazione al femminile due anni fa, che è stata un’emozione nell’essere accettata al femminile, nonostante i documenti dicessero il contrario. Ora come mi sento? Ho ancora i documenti non rettificati e qui all’AVIS continuano a non essere un problema. Ho però smarrito l’emozione. Mi rimane la sensazione di fare qualcosa di importante. Forse scritta così sembra una cosa brutta, ma la normalità di essere donna è bellissima, lungamente ricercata, anche se ogni tanto ho perso quella specie di magia che sentivo di cercare di superare i miei limiti biologici e soprattutto psicologici.

Ieri sera ho partecipato a un collegamento Zoom con alcune persone LGBT+, organizzato da Ermanno che ho conosciuto solo un mese fa all’evento dello Psicodramma. Collegata c’era anche Elisa che ho conosciuto nello stesso evento, le altre erano tutte persone sconosciute di varie età e orientamenti.
La serata è stata interessante nonostante la mia stanchezza nell’utilizzare dispositivi elettronici. Già, dopo aver utilizzato il computer per lavorare tutto il giorno, mi viene il mal di testa utilizzandoli. Forse la vista si sta abbassando nonostante gli occhiali e l’ultima visita oculistica.
La cosa particolare è che sono stata “corretta” alcune volte perché nel raccontare alcune cose dovevamo parlare di noi stesse in prima persona e io non lo stavo facendo. Ad esempio iniziando le frasi con “Io Bianca, mi sento…
”. Il problema che ho notato è che ho smesso di usare “Io”. Il motivo principale è che tante persone quando gli parli lo usano troppo e soprattutto parlano di se stessi quasi ignorando gli altri e che li stanno ascoltando… Ho da sempre associato “Io io io” a qualcosa di negativo cercando di non utilizzarlo. Nella discussione di ieri sera, invece, era molto importante definire che quello che raccontavo era mio, una mia esperienza che condividevo con gli altri e l’uso della parola “io” era necessario e non era cosa negativa dato non c’era giudizio e non c’era discussione, solo un dialogo.

Finalmente ho fatto la donazione e che è durata nove minuti circa. Sempre meglio impiegare un tempo più lento nell’estrazione perché poi in giornata si avranno meno problemi, ma prima di iniziare la terapia ormonale sostitutiva (TOS) donavo in circa cinque minuti, mentre adesso impiego quasi il doppio e rimango stordita per tutta la giornata dormendo parecchio. Dover essere più femminile prendendo farmaci ha i suoi pro e contro, questi ultimi da da tenere sempre presenti.
Questa volta l’infermiera mi ha inserito lago leggermente storto, ma volutamente per motivi che non ho chiesto, solo che ho sentito dolore che si è protratto per qualche ora ed è rimasta una macchia scura che sparirà più tardi. Dopo dodici donazioni fatte senza problemi, questa non è andata benissimo, ma non è stata nemmeno catastrofica.
Terminata la donazione sono andata nella zona adibita a ristorazione dove “dobbiamo fare colazione” perché prima si deve arrivare a digiuno, al massimo è consentito mangiare delle fette biscottate e bere del tè. Con estrema calma bevo il cappuccino d’orzo che solo qui è buonissimo, accompagnato da biscotti. A seguire succo di frutta con una tortina, per finire con un panino al prosciutto e tanta acqua. Nel frattempo respiro con calma e cerco di riprendermi dai giramenti di testa che iniziano a venirmi. Perché continuo a farlo? Mi fa stare bene dentro sapere di aiutare qualcuno che avrà bisogno del mio sangue e per assurdo potrei ricevere il mio stesso sangue se il destino lo vorrà, le sacche sono anonime una volta verificato che il sangue è sano.
La prossima volta che farò la donazione forse riuscirò avere i documenti al femminile e magari ci sarà una piccola emozione nel presentarmi e confermare a voce: nome cognome data di nascita.
Con molta calma e un leggero giramento del capo, sono ritornata al paese dove abito, fermandomi al distributore chiedendogli se mi poteva gonfiare le gomme perché quella di scorta che mi hanno cambiato era leggermente sgonfia. Di solito faccio da me, ma questa volta se mi piegavo al suolo avrei avuto dei notevoli capogiri.
Sono tornata a casa buttandomi sul letto e cercando di riposare, nelle pause ho dettato queste note e fatto qualche piccola ricerca perché è tempo di cambiare l’automobile, che purtroppo i suoi dodici anni di vita, inizia avere qualche problema di troppo…ma sembra che causa scarsità di alcune materie prime e la guerra in Ucraina non si trovano auto usate e per quelle nuove si deve attendere mesi. Ovviamente saranno altre rate per alcuni anni…

Ed ora i pensierini e alcune attività che ho fatto recentemente.
“Cara Alessia mi ha fatto piacere conoscerti e volevo farti un appunto, che non è un giudizio.
La mia missione come attivista trans è di fornire informazioni che poi starà sulle persone decidere cosa farne.
Ho notato che hai usato spesso la parola “transessuale” per definirti
Nella mia associazione ACET è una parola che non usiamo più per i seguenti motivi:
- È stata usata nel mondo medico per definirci negli anni passati quando eravamo considerate persone malate
- È stata usata per troppi anni in abbinamento alla prostituzione e soprattutto nella violenza di genere sui giornali
I due termini che preferiamo utilizzare sono: - Transgender, anzi “persona Transgender”… non stiamo cambiando sesso biologico e dna, ma il genere
- donna trans, parola che pone molto sulla definizione donna…
Quando ti autodefinisci secondo me è molto importante perché sei una donna e una persona, non un fenomeno nè un anomalia.
Un abbraccio, Bianca”

Domenica scorsa ho passato tutta la giornata in una pineta con piscina. Abbiamo fatto una lezione di DYP che serviva a salutarci dopo la fine del corso e come pubblicità per coloro che non l’avevano fatto. Avevo invitato alcune persone, ma è potuta venire solo Silvia R. che pensava di fare solo ginnastica e passare una giornata in gruppo.
DYP è un’esperienza e non è facile da spiegare, anzi sembra di impoverire quello che accade. Si fa pilates e yoga miscelati, si fa condivisione, meditazione e danza, ma soprattutto si condivide quello che si sta facendo. In questa giornata speciale in aggiunta c’era il pranzo insieme e soprattutto il bagno in piscina dove ho indossato per la prima volta in pubblico il mio bikini.

La cosa bella di questo gruppo di persone è che non c’è nessun tipo di giudizio e ti fanno sentire bene, a tuo agio…tranquilla dentro. Così quando è venuto il momento ho tolto maglietta e pantaloncini e sono rimasta con il due pezzi. La normalità della cosa è stata una meraviglia e soprattutto in piscina nessuno mi ha degnato più di uno sguardo. Per arrivare a questo momento ci ho impiegato tre anni per convincermi che potevo e posso farlo, in questo tempo sono cambiata fisicamente (oltre al seno) con una sagoma più femminile e ovviamente mi ha aiutata parecchio. Come tutte le cose ‘normali’ ho scoperto che il bikini è scomodo quando nuoti e un paio di volte sono emersa nell’acqua bassa con una tetta di fuori. In futuro in spiaggia il bikini (è chi me lo toglie più?), ma a nuotare il pezzo unico! Purtroppo non ho fotografie in bikini nella piscina…ma cliccando qui c’è la foto di quando l’ho provato a casa!

Giornata meravigliosa tranne una cosa che era al di là del nostro potere. La pineta con piscina è un ex-colonia per bambini e ogni tanto organizzano con le scolaresche. E’ una struttura vecchia ed ha dei megafoni tutto in giro, come si usava negli anni ’70 per chiamare a raccolta i bimbi. La qualità audio è pessima e hanno trasmesso tutto il giorno della musica moderna con un effetto insopportabile. Hanno cominciato giusto quando abbiamo iniziato la meditazione, fatto pausa quando eravamo a pranzare e ripreso subito dopo. Non è stato facile cercare di ignorare quei suoni e mi sono domandata quanto bella e appagante sarebbe stata la giornata solo con i suoni della natura e della campana tibetana che suonava Francesca, l’insegnante di yoga.

In serata nessuno sembrava voler andare via, così si è fatto un aperitivo con spumante per concludere la giornata in allegria. Dopo i calorosi saluti e abbracci sono rientrata a casa per crollare a dormire giusto subito dopo aver fatto una doccia. Il giorno dopo ero stanca morta scoprendo che non ero la sola, troppo caldo e troppe cose belle tutte insieme e ne valeva la pena!

con tanto di parrucca e make-up… oggi sono al naturale…
Ho iniziato a cambiare il nome sulle app e su alcuni siti. Per i cambi importanti dovrò attendere di avere la nuova carta di identità, ma intanto procedo e chiedo informazioni a riguardo.
Prima di fare la lezione di pilates ho pagato per il mese usando Satispay e la signora mi ha detto “Ma cambia la foto e il nome
“, “Ma come? ti mostra foto e nome vecchi?
“. Ho l’account Satispay da anni e non mi è mai venuto in mente di modificarlo e soprattutto che chi riceve il denaro vede una mia foto e legge il nome…maschile!
Entrata nell’app scopro che non posso modificare il nome, così ho scritto per sapere come fare e se devo attendere la carta di identità nuova. Chissà se hanno previsto questa procedura! Come idea che mi sono fatta è che sarà più facile chiudere le iscrizioni e crearne di nuove che chiedere la modifica. Impiegherò mesi in questa operazione, ma ne sarà valsa la pena.

Ho cambiato anche su Facebook. Avevo atteso perché quando ho aperto l’account mi avevano chiesto i documenti e la loro policy è che il nome deve essere quello reale dei documenti. Ho sofferto molto questa cosa, ma ora se chiederanno qualcosa invierò loro la sentenza del tribunale.

Ho anche scoperto che il mio iPhone che fa il riconoscimento dei volti nell’archivio delle fotografie aveva ancora Iula e Gerardo… Ho eliminato il secondo e creato una nuova persona che si chiama Bianca e in un attimo mi ha creato la vista elenco con solo le foto della me stessa di adesso, mentre le foto dei primi due anni di transizione sono abbinate a Iula, come se fosse un’altra persone…e forse con tutte le parrucche diverse lo era.