Seconda parte del corso online relativo all’autoritratto fotografico che è durato cinque lezioni serali su Zoom, organizzato dalla mia amica e fotografa Andrea Maia (Profilo Instagramamaia.italia/). Il corso non è stato creato per insegnare a utilizzare la macchina fotografica, ma imparare ad osservare l’ambiente e poi scattare la foto “giusta” e nel nostro caso una foto di noi stessi. L’esempio è di girare la macchina fotografica con l’obiettivo verso di noi, come se ci fosse un’altro fotografo a scattarla. Non un selfie, ma un autoritratto.
Dopo aver visto come selezionare delle fotografie del nostro passato e disporle in ordine cronologico il diario visuale rompe lo schema storico. Ogni fotografia dovrà essere un concetto a se stante, ma se messe in qualsiasi sequenza racconteranno storie leggermente differenti. L’idea è che sia possibile disporre le fotografie in qualsiasi ordine. Il sunto del racconto non cambierà, ma il suo svolgimento sì.
Esercizio: scattare un minimo 20 e non più di 60 fotografie con un unico tema di stato d’animo utilizzando parole che sono sinonimi di fare, dire e disfare.
Obiettivo: mettere a fuoco, delimitare quello che penso, sono e il modo che interagisco col mondo in un determinato periodo o fase della mia vita. Prevale nel diario visuale il sapore, il colore e la forma di come mi esprimo, senza giudizio, libera invenzione, libera fantasia, non devo comunicare agli altri, ma solo a me stess*.
Capito l’esercizio il problema è stato selezionare l’argomento da raccontare con il diario visuale. Per aiutarci Maia ha fatto numerosi esempi, mostrando anche una selezione di fotografie per ogni argomento. Ecco le suggestioni più interessanti uscite durante l’incontro.
E’ una narrativa senza un ordine predefinito e senza pensare a quali immagini andremo a realizzare, nella parte iniziale di progettazione, cosa che è contraria a qualsiasi progetto commerciale dove si studia prima il messaggio e come realizzarlo e dopo lo si realizza. Invece si pensa al tema portante e si procedere al messaggio, se ci deve essere, durante la realizzazione sconfinando nell’arte.
Si deve distruggere l’immaginario collettivo e unire immagine con fantasia, definiti nella parola “immaginale”, luogo dove l’immagine diventa forma.
Cercare frammenti di un’idea di quello che provi e senti. Le emozioni e la loro mancanza possono aiutarci a scegliere cosa fotografare e in quale momento.
Dare la voce dall’emozione alla parola. Prova a scrivere delle parole e leggerle a voce alta. A seconda del tono, del volume, dell’intenzione assumeranno forme e significati diversi. Si deve cercare di non farsi venire in mente gli stereotipi della nostra educazione e ricevuti dai media.
Cercare cose nuove, nuovi suoni, quando c’è la voce l’emozione fuoriesce.
Cit. “L’ascolto è accecato” di Carmelo Bene.
Esercizio: pronunciare ad occhi chiusi delle parole, dopo aprire gli occhi e iniziare osservare tutto quello che c’è intorno. Dove si focalizza lo sguardo? Cosa sto vedendo? Cosa mi attira? Cosa è confuso?
“Il cervello vuole partecipare, ma non devo ragionare su quello che vedo
”.
Il cervello cercherà razionalmente di catalogare ogni cosa e che limiterà la nostra visione del dettaglio, avremo un elenco di oggetti e concetti presenti nell’ambiente che vediamo, ma in realtà non li vediamo davvero, abbiamo solo l’idea dentro la testa.
Un mio amico aveva letto di questa cosa e l’ho sperimentata dandogli ragione. “Se fai due volte lo stesso percorso a piedi, la seconda volta non ricorderai davvero la strada e cosa ti circonda. Il tuo cervello lo ha già fatto la prima volta e scarterà ogni cosa. Se nella seconda camminata non accadranno fatti nuovi, avrai il ricordo della prima volta e crederai che questi sono in ricordi corretti. Inoltre nelle camminate successive non noterai l’ambiente intorno a te”.
Ho anche provato a fare gli stessi percorsi con delle distrazioni del tipo: parlare al telefono, ascoltare musica nelle cuffie. Ripensando al percorso non ricordavo davvero nulla del paesaggio intorno. Camminando nel silenzio e prestando attenzione, le altre volte ho notato particolari diversi quali la luce del sole, fiori, rami spezzati, l’acqua del naviglio.
Prima di trovare un ambiente e scattare le fotografie si deve scegliere il tema:
Scrivere un elenco di parole di quello che pensiamo possa essere raccontato nel diario visuale. Non è detto che le useremo, serviranno solo a darci una suggestione prima dello scatto. Leggeremo alcune delle parole ad alta voce, meglio se le ascoltiamo registrate mentre siamo a occhi chiusi, infine aprire gli occhi e prendersi un momento per guardare l’ambiente. Non nel mirino della macchina fotografica e neppure dell’anteprima del cellulare, usiamo i nostri occhi.
Ecco cosa ho scelto e le parole relative:
“L’abito fa il monaco, evoluzione o rivoluzione, imperfezione nel mio corpo, cambio stagione, essere o apparire?”
Capelli, parrucche, truccarsi, truccarsi, atteggiarsi, mettersi in posa, osservarsi, camminare, desiderare di più, accessori, scarpe, colori, fingere di, sentirsi di, vestirsi, travestirsi, indossare, comporre, imitare, osservare, selezionare, allenarsi a, sentirsi bene, esserci, sbagliare.
Non avendo molto tempo da dedicare all’esercizio ho cercato di eseguirlo in più giornate. E’ stato utile anche perché dopo aver visto molti degli scatti, non c’era davvero quello che al momento pensavo di trasmettere. Non era un problema tecnico né di inquadratura, semplicemente non trasmettevano quasi nulla dell’argomento.
Alcune foto raccontano troppo, altre sono scattate senza avere osservato bene. Ognuna è fatta mettendo la macchina fotografica, sul cavalletto, in un punto della stanza e senza cercare un’inquadratura precisa farla partire con uno scatto ogni dieci secondi. Quindi ho eseguito alcune azioni come se non ci fosse. L’azione principale era il truccarmi per uscire e andare a trovare persone. Le foto migliori sono quelle spontanee, prese “quasi per caso“. Ho comunque una discreta conoscenza del mezzo, delle luci e di cosa mettere in uno scatto. Ovviamente su un centinaio di foto auto scattate, ne ho cancellate l’ottanta percento. Anche qui imparare a selezionare è un utile esercizio.
Ecco il mio diario visuale “Sveglia al mattino…cosa faccio per sentirmi a mio agio“, non sono totalmente soddisfatta, ma è il mio primo tentativo e va bene, anzi più errori faccio meglio imparo. Non è importante l’ordine con cui vedere la storia.