Questo doveva essere un articolo dedicato alla mia seconda giornata di lavoro in presenza, scritto come in altri post precedenti nella forma di diario, ma poi venerdì sera ho riflettuto su alcune cose e ho deciso di modificare la storia e parlare del corpo umano, inteso come fisicità e movimento.
Questa settimana ha iniziato a fare freddo al mattino e alla sera e ho sentito addosso tutta la stanchezza accumulata da cinque settimane. Venerdì sera dopo il lavoro (da casa) sono andata dai cinesi a farmi il pedicure. Un po’ per vanità, un po’ perché la mia vista è calata e non riesco a vedere bene dove tagliarmi le unghie, e perché di solito mi rilasso per un’ora e i cinesi fanno anche un piccolo massaggio.
Mentre ero lì ad attendere che si asciugasse lo smalto, stavo scrivendo il diario delle cose successe il giorno prima e quando ho quasi terminato la seduta mi sono resa conto di alcune cose su me stessa e la mia transizione che a volte mi sembra “stagnante” o bloccata in qualche modo.
Le modifiche fisiche grazie alla terapia ormonale ora sono davvero minime, ho la crescita del seno millimetrica, quella dei capelli più rapida e ho scoperto anche una piccola crescita di peluria bianca sulle spalle. Vado avanti ogni giorno con pillole varie e non vedo i cambiamenti visibili, mi sembra di non fare abbastanza.
In realtà ho capito il motivo perché a volte mi sento “meno femminile“. Accade non solo quando lavoro in solitaria da casa, ma soprattutto perché rimango seduta per molto tempo e non uso il mio fisico.
Giovedì sera, tornata da Milano (ve lo racconto in fondo) mangio una piadina vegetariana e vado alla seconda lezione del corso di teatro a Treviglio (SATS). Qui ho usato molto il corpo e ho capito che anche dopo pilates al mercoledì sera mi sento meglio come fisico, ma soprattutto come testa.
Se uso il mio corpo, interagendo con gli altri, mi sento molto più femminile, a volte mi sento normale e non particolarmente bella e aggraziata, ma in generale mi sento bene e “vivo il momento“.
In effetti, a parte qualche trekking un mese fa, quasi tutte le mia attività sono state sedentarie con incontri, cene e altro. Quindi un utilizzo dei gesti e della voce con poco controllo, quando parlo molto non riesco a tenere la voce al femminile quando vorrei e ne sono capace, dopo un anno di logopedia. Tutto è frenetico, ma statico.
Quando invece utilizzo il corpo con movimenti non rapidi, con una qualche finalità, ecco la me stessa venire fuori e dai pochi video che ho fatto, il movimento del corpo è aggraziato e molto femminile (il bello è che non me rendo conto).
Appena arrivata ci sono già due compagni corso, Max e una tizia che occupano lo stanzino dove volevo cambiarmi d’abito. Ho visto la settimana scorsa che non posso fare una lezione vestita elegante con gonna e collant, per cui mi sono portata il cambio d’abito: leggins e maglietta da danza. Mi giro di spalle rispetto a loro e mi cambio. Tra attori diventa normale farlo senza pudore perché in scena si è molto vicini e dietro le quinte, che sono strette, non c’è spazio a sufficiente e se ci si deve cambiare tra le varie scene…inoltre ho avuto un’educazione maschile e non abbiamo avuto insegnamenti sul pudore, mutande a parte.
Quando arrivano tutti, noto che hanno dei calzini davvero variopinti e molto belli, i miei fucsia con suola antiscivolo mi sembrano troppo normali, ma Laura mi dice che non sono male.
Questa sera c’è una nuova insegnante che verrà una volta al mese. Si chiama Marta ed è un attrice professionista.
Stasera siamo solo in dieci, penso una buona cosa perché possiamo lavorare meglio. L’insegnante ci chiede di presentarci e dire se abbiamo richieste particolari. Alcuni chiedono per la voce e l’improvvisazione. Nel mio turno chiedo qualcosa per la gestione del corpo nello spazio in quanto mi sento rigida in scena. Non accenno al fatto che sono una donna trans e che aspiro a movimenti più aggraziati e sinuosi.
Il primo esercizio è di respirazione, siamo in piedi e piegandoci lentamente verso il basso con una respirazione controllata, una variante del pilates. Si inspira e si butta fuori lentamente l’aria mentre ci si piega, quando termina l’aria, ci si ferma dove si è arrivati, si fa una pausa di due secondi (apnea) e si inspira riprendendo il movimento. E’ anche una variante della respirazione che ho appreso con il corso online di doppiaggio. Ora conosco almeno cinque modi diversi di gestire il fiato e la respirazione! La eseguiamo per tre volte e poi a turno, ci fa dire il nostro nome e scopriamo che la voce ha un tono migliore! Io avevo timore che parlando con il “suono dalla pancia” mi sarebbe uscita la mia vecchia voce maschile, ma per fortuna non è successo. Ho un controllo migliore di quanto credessi.
Più tardi una compagna di corso mi sussurra “ma la settimana scorsa non avevi detto di chiamarti in un altro modo?"
, già Max continua a chiamarmi Iula, le ho risposto che è il cognome ed è finita lì. Inizio ad avere problemi di identità!
L’esercizio di riscaldamento consiste nel muoversi a occhi chiusi, seguendo la musica e usando la parte del corpo che Marta ci indica ogni pochi minuti. Le musiche variano anch’esse ogni tanto. L’esperienza è simile alla DYP (Danzare tra Yoga e Pilates), ma qui posso anche provare movimenti e passi più da danza e palcoscenico. Muovermi mi ha fatto sentire proprio bene e molto femminile. Qui sono stata libera di esprimermi liberamente e mi ha aiutata parecchio.
Marta ci dice che ha visto “storie” raccontate nei nostri movimenti, che però solo noi però sapevamo appieno il dettaglio. Una danza personale e non rivolta al pubblico.
Poi ci fa un esempio di una cosa da non fare in scena: compiere un movimento del corpo molto vistoso e parlare nello stesso tempo. Lei lo ha fatto agitando una mano e parlando a voce alta. In effetti il pubblico non riesce a seguire le due cose insieme. Ogni movimento deve essere coordinato con il parlato e non deve porre un distrazione. Più tardi ho ripensato al mio primo spettacolo, dove in una scena con una ballerina, avevamo ideato una serie di movimenti intorno a una sedia e noi, senza sapere di questa cosa, abbiamo effettivamente fatto i movimenti tra le battute. Abbiamo impiegato un mese per mettere a punto due minuti di scena, ma la ricordo ancora come una delle cose più belle che ho fatto, anche se ero ancora in versione maschile, l’unica cosa è che guardando il video nella ripresa vedo un tizio che conosco.
Ora proviamo a muoverci nello spazio con una serie di condizioni limitanti. Al principio possiamo solo camminare con passo costante, poi Marta ci aggiunge il passo variabile, la pausa, mettersi seduti, salto, saluto, ignora il saluto di mano e spintoni “non fatevi del male!” ci dice Marta. Ogni cambio di azione deve avere un motivo. Anche qui si sono create situazioni da palcoscenico e mute. Una che mi ha divertito è che qualcuno ad un certo punto ha fatto un saltino a gambe unite sul posto, tipo pinguino. Vedere due persone che si fronteggiano e a turno fanno il saltino è molto divertente. Altre cose erano ti dò la mano per salutarti e tu fai un saltino e te ne vai. Tutto cose così.
L’esercizio finale è stato fatto a coppie. Partendo agli angoli della stanza si correva verso il centro e si doveva fare un salto atterrando “come capita” (o farlo sembrare) e da lì creare una scena improvvisata. Le prime due coppie hanno creato scene surreali e divertenti aprendo la strada a tutti gli altri.
Ho scelto Lia come partner e mentre andavamo in fondo alla sala, per attendere il nostro turno, mi ha presa sottobraccio e sorrideva felice della mia scelta. Mi ha preso dentro al cuore, non so perché, ma ogni volta che non solo vengo accettata, ma che le persone sono ben disposte verso di me è come una carezza di vita.
La nostra scena è stata su una lezione di Kung-Fu con salto acrobatico, fatto da entrambe, andato male. Lia, stesa a terra, mi dice che è colpa mia che ho voluto fare il corso con il maestro. Però fa i complimenti per la mia posa di animale. Le rispondo che la mia gamba alzata non è una posa mistica, ma un blocco della gamba. Nel tentare di muovermi, a turno le gambe si sbloccavano fermandosi in altre posizioni. Dopo alcune battute e movimenti a terra per porre la conclusione alla scena siamo rotolate verso un’uscita immaginaria. Mentre rotolavo Lia ha detto “la porta è di qua” e io ho rotolato all’indietro verso di lei seguendola. Anche le altre coppie dopo di noi hanno fatto delle scene esilaranti.
La serata del corso è durata tre ore, io oggi ho lavorato a Milano, ma non ero per nulla stanca. Ho imparato un sacco di cose e soprattutto nel muovermi e devo dire che mi sono sentita molto femminile anche nel corpo. Danza e teatro sono dei toccasana sia per l’impegno che per il mio percorso di donna trans.
Per ultimo il resoconto della seconda giornata di lavoro in presenza al femminile. Una normalità quasi da nausea, lungamente attesa.
L’appuntamento è per le 9:30, ma l’ultimo treno utile è alle 8:30 per cui arrivo presto e faccio colazione con molta calma in un bar.
Ero indecisa sull’abito da indossare e stamattina fa davvero freddo. Ho optato per maglioncino leggero (5€ al mercato) con sopra il blazer e infine il giubbotto rosso Desigual. La sciarpa che mi ha regalato mamma ha fatto il duo dovere a scaldarmi.
Il treno è pieno, ma riesco a sedermi. Sia all’andata che al ritorno ho assaporato l’essere donna dove tutti ti degnano al massimo di uno sguardo fuggente. Prima di iniziare a vivere a tempo pieno come donna, essere vista e fissata magari con giudizio, era uno dei timori più forti a uscire da casa. Ora è come se fossi sempre stata donna e sempre a mio agio, tranne dopo 8 ore quando l’ultimo alone di barba torna fuori dal make-up, ma ho scoperto che lo vedo solo io in maniera così evidente!
La giornata di lavoro è stata interessante e tutto si è svolto con una normalità stupenda, come se fossi sempre stata Bianca anche per gli altri.
A pranzo siamo tornati allo stesso posto dell’altra volta (I mercati Milanesi Stazione Centrale) e mi sono mangiata un altro hamburger, ma con la burrata. Stasera avrò la lezione di teatro appena arrivata con il treno e non so se mangerò stasera, ma per fortuna in realtà riuscirò a mangiare una piadina vegetariana.
Il sentirmi elegante e bella mi ha fatto stare bene.
Ho fatto anche una foto di gruppo con me al centro, ai lati i due titolari e oltre due colleghi. Mi servirà per la pratica giuridica di cambio nome e genere, serve ad evidenziare che “sono integrata nella società” e che “non cambierò idea sulla transizione“. L’altra foto che allegherò è quella con mia mamma e magari ne metterò anche una extra con le mie tante attività tipo Trekking, se sono donna in mezzo a venti persone dovrebbe significare qualcosa.
Rivedendo le foto che ho fatto, mi stupisco ancora di quanto sono bella e fotogenica (specie con la parrucca che fa un 60% di donna in più). In realtà non mi sento così ”figa”, ma evidentemente lo sono.
Concludendo, quando mi muovo e interagisco con le persone sono Bianca al 100% e tutto il resto della transizione con timori annessi e connessi, passa in secondo piano. Mi sento a mio agio e gli altri vedono quello che ho sempre sognato di essere, anche se non sono al 100% truccata e “messa bene”.