Finalmente dopo tanto tempo ho dormito e mi sono svegliata non più così stanca. Le ultime parole famose. La prima cosa che ho fatto è stata di non guardare il telefono (digital detox), prendermi il mio tempo e mettere insieme i vestiti che mi serviranno oggi pomeriggio. Oggi e domani farò un workshop di ballo di “Tip tap“. Un’altra delle mie follie e le mie amiche continuano a chiedermi come faccio a trovare certe cose. Appunto.
Le scarpe con i ferretti li porterà l’istruttore, ma non sono sicura che abbia un numero 41 da donna. Spero che la mia disforia non venga fuori se dovrò indossare una scarpa da uomo. Ci hanno detto di portar anche delle scarpe da tennis. Per un eventuale video di fine corso, quando si fa la coreografia appresa, ho cercato di capire che vestito portare da indossare.
Guardando l’armadio viene classico pensiero “non ho niente da mettermi”!. In effetti vivendo da donna tutti i giorni non ho più vestiti sgargianti e fantasiosi. Inoltre ho ancora i polpacci da trekking e quindi è meglio che un vestito non sia troppo corto sopra il ginocchio.
Questa settimana ne ho provato a indossarne uno e quando mi sono rivista in un selfie, ecco è meglio che le fotografie le facevo prima di uscire di casa!
Provo varie combinazioni di abiti, ma non trovo nulla che mi soddisfa. Ho anche una gonna bianca di tulle, ma non ho nessuna camicetta con cui stia bene. La cosa positiva è che mi sono ricordata che è passato tanto tempo da quando facevo queste prove di abiti ed è una delle cose della femminilità che mi piace un sacco e che avevo quasi dimenticato.
Infatti mi sono ricordata che ho un borsone con dentro i vestiti di scena del mio ultimo spettacolo, quello che io chiamo il “kit di Paprika”.
Quando lo apro mi esplodono in testa una serie di ricordi molto belli. Vedo che ci sono alcuni abiti che avevo comprato all’epoca, ma che non andavano bene per lo spettacolo. Ne trovo uno che mi sta molto bene ed è abbastanza lungo fino alle cosce, ma soprattutto ha delle maniche “tagliate a strisce“. Forse un po’ troppo stile Raffaella Carrà, però sta molto bene, questo è l’ideale. Nella sacca ci infilo anche due asciugamani, le scarpe da ballo caraibico, nel caso non ci siano scarpe adatte metterò queste e altre cose.
Giuliana “Iulaaaa sai che ti ho sognata stanotte?? Mi dicevi che volevi danzare! che telepatia!! Divertiti! Che bello tip tap
”
Il programma di oggi prevede di fare la colazione in centro, far la spesa nei negozi, scrivere qualcosa per il diario perché si stanno accumulando troppi eventi, andare a prendere mia sorella e nipotina, accompagnarle all’ospedale dove è ricoverato mio cognato, fare la babysitter con la nipotina, riaccompagnarle a casa e infine (se non muoio) andare alla scuola di teatro dove ho il workshop. Questa sera, se sopravviverò, andrò al cinema a vedere “Dune”, un filmone degno della mia parte maschile, peccato che appunto le donne del gruppo non vogliono vederlo, poi i miei amici maschi andranno in altri giorni. Sono indecisa se andare, comunque il regista ha fatto solo film bellissimi quindi penso che mi piacerà anche se stuzzicherà la mia parte maschile. Ovviamente sarò stanca morta e rimarrò a casa! Altro che cinema. Il piano cambia leggermente perché prima della spesa rimango un’ora al telefono con Barbara e nel mentre cammino per il paese, farò cinque km stancandomi parecchio.
Quasi alle tre del pomeriggio arrivo alla scuola e scarico tutta la mia roba, saluto Max, il titolare, e gli chiedo se posso fare dei video e delle foto. Mi nomina fotografa ufficiale. Anzi sarò la video maker per l’evento. Solo una signora chiederà di non esserci nei video, ovviamente al termine della giornata. Meno male che è stata al bordo vicino all’albero e quindi l’ho filmata una volta sola. Abbiamo provato nel parcheggio privato della scuola dove abbiamo messo delle tavole di legno su cui faremo i nostri passi.
L’insegnante Mattia ci consegna una borsa di scarpe e ovviamente non c’è ne è una che va bene, ognuno ha un numero diverso. Per mia fortuna c’è un numero 41 da uomo, con uno stile leggermente effeminato per cui la mia disforia rimane tranquilla. Gli altri di adattano, alcuni gli fa male il piede, altre sono larghe. Le mie sono leggermente lunghe e mi faranno male i piedi non poco. Un paio di maschi con il piede molto grande provano a fabbricarsi i tacchetti metallici fermandoli con il nastro isolante nero, ovviamente spesso dovranno ritoccare il lavoro. Siamo in undici e Max ancora non si capacita del successo dell’evento. C’è anche Stefania, la mia insegnante di Lettura Espressiva e Christian un compagno di quel corso.
Oggi ho indossato la parrucca perché accompagnando la nipotina lei mi conosce in quella versione e poi sono molto più donna, infatti le persone nuove mi hanno trattata al femminile sempre senza errori di grammatica. Guardandomi in un video dal dietro ho notato che non sono più così grossa di spalle e per fortuna non mi ingobbisco più.
Rivedendo velocemente le riprese alla sera, ne trovo una dove faccio partire la ripresa e poi vado al mio posto e il movimento è aggraziato e femminile! Forse mi ripeto, ma in alcuni momenti non mi sento sicura di come mi muovo, mi sembra sembra che sia “come prima al maschile“, ma non è vero e quando vedo la conferma mi esalto non poco.
La lezione pomeridiana dura tre ore e domani ne faremo sei, con una pausa pranzo. Riuscirò a sopravvivere? La mia schiena reggerà? Le gambe e i piedi? A parte una stanchezza assurda ogni sera la risposta è sì, non male per una “signora” di 57 anni. Tutti i partecipanti del corso sono sopra i 45 anni, segno che questo tipo di ballo evoca ricordi solo alle nostre generazioni, anche se è tutt’ora praticato come ci dice Mattia.
Iniziamo con i passi base e sembriamo un plotone in marcia che batte i piedi all’unisono, poi seguono dei passi leggermente più complessi fino a creare una mini coreografia. Rivedendo i video delle prove finale scopro che non siamo male per essere la prima volta, come conferma anche l’insegnante.
Mi diverto un sacco e sebbene sul finale delle tre ore non mi arriva più l’ossigeno al cervello e il mio corpo si muove in automatico, mi diverto un sacco e rimango focalizzata sul momento senza divagare.
Ho notato che quando ho fatto partire le riprese ero più imbranata, come se una parte del mio cervello rimaneva distratto.
Alla sera mangio del pesce con insalata e contemporaneamente preparo del riso per domani, quando ho terminato Max mi avvisa che ci faremo un piatto di pasta mangiando in gruppo, che bello.
Al mattino della domenica, dopo una notte agitata dove ho dormito a sprazzi tra stanchezza e pensieri vari, mi sveglio con un leggero mal di schiena e ovviamente ho terminato il Voltaren. Decido di fare una cosa, poi andare nel paese vicino dove c’è una farmacia, fare colazione al bar di fronte e andare alla scuola.
La cosina che faccio prima di uscire è indossare l’abito che avevo scelto ieri, mettere le scarpe da tip tap che mi sono portata a casa e fare un breve video. Cerco di non fare troppo rumore per non svegliare il condominio. Visto la sudata che si fa nelle prove l’abitino rimarrà a casa, ma almeno ho delle foto e un video.
Arrivata alla scuola scopro che sono la prima ad arrivare, per fortuna hanno lasciato aperta la stanza dove ci si cambia. Spalmo una buona dose di Voltaren emulgel e per fortuna non mi farà male la schiena per il resto della giornata.
Arrivano anche gli altri e iniziamo. Oggi lavoriamo nella stanza interna perché fuori c’è un vento pazzesco e piove a intermittenza. Tre persone per vari motivi oggi non ci sono, così stiamo giusti giusti nella stanza che è molto arieggiata con le finestre semichiuse e il vento fresco che fa da corrente.
La mattina passa facendo dei passi senza musica, non tutti eseguiamo gli stessi movimenti. E’ come se siamo un’orchestra dove gli strumenti sono in nostri piedi e le mani. Esce un bel casino abbastanza ritmato. Mi diverto ancora più di ieri forse perché il mio corpo conosce meglio certi movimenti dei piedi.
Nella pausa pranzo scendiamo di sotto dove c’è la cucina e una stanza di refettorio. Ci facciamo un piatto di pasta con i pomodori freschi e basilico. La mia scuola ha un orto botanico interno e il sapore dei vegetali è pazzesco.
Mentre apparecchio insieme a una signora su una cosa che avevo previsto lei mi dice “brava ragazza
“. Ci rimango sempre bene su queste conferme.
Dopo pranzo facciamo una coreografia e proviamo senza musica i primi passi, poi Mattia fa partire il brano e ci esaltiamo tutti perché è “Footloose” ed è un brano che ha segnato la nostra generazione con il film omonimo e ci sentiamo tutti dei ballerini provetti.
Questa parte del workshop è quella che ho preferito tranne la parte finale che era troppo veloce per tutti, ma che siamo riusciti più o meno a stare appresso alla musica. Mattia è stato buono facendoci comunque i complimenti. Da parte mia il corpo si muoveva da solo, ma di alcuni passi finali proprio non c’era verso di impararli come se avessi riempito la memoria.
Dopo una breve pausa abbiamo riprovato dei passi studiati ieri, ma per metà di essi nessuno si ricordava che li avessimo fatti. Infine abbiamo riproposto la coreografia di questa mattina senza la musica. Il finale è stato una foto di gruppo e qui ho scoperto che la memoria della mia macchina fotografica era piena, non solo la mia di memoria. Ho cancellato una ripresa che spero non sia quella “bella“, ma ne ho fatte davvero tante! Cercherò di montare un video delle cose migliori. Quando? Sono talmente incasinata che davvero non lo so.
Cosa mi è rimasto del workshop? Un gran mal di piedi, Il lavoro di gruppo, il ritrovare delle persone con cui abbiamo fatto delle attività, conoscere persone nuove, imparare un ballo nuovo, “staccare la spina“, fare attività fisica che per la mia dieta non male. Non sembra, ma peso sempre 81 chilogrammi!